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MINALA: “INTER CAMPIONE? NON DICO NIENTE. INZAGHI È TROPPO SUPERSTIZIOSO”

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Niccolò Matteucci

Joseph Minala centrocampista camerunense, ex Lazio e ora al Sliema Wanderers, ha parlato in diretta ai microfoni di Tv Play.

RITORNO IN ITALIA “Mi piacerebbe tanto tornare. L’Italia la considero come il mio secondo paese, ho tutti i miei affetti lì, ma no non è che non ho avuto questa questa chance. La Salernitana me l’ha data e io l’ho sfruttata, ma non ho avuto la continuità, soprattutto quando sono tornato dalla Cina e mi aspettavo magari più spazio, visto che veniva dato a tutti i giocatori. Soprattutto durante l’anno del Covid avevano messo cinque cambi e la Lazio andava forte in quel momento, non voglio portare sfortuna ma penso che senza il Covid non lo so chi sarebbe stato campione… io penso che avrebbe vinto la Lazio. Un po’ questo, ma se domani mi dovrebbe chiamare la squadra io tornerei volentieri”.

IN ITALIA IL COVID ERA UNA BARZELLETTA – “Ho vissuto il Covid meglio in Cina che in Italia, un altro livello di sicurezza, la Cina era più preparata. In Italia si prendeva come una barzelletta, vedevi ogni tanto gente che per uscire andava a portare a spasso il pappagallo…”

INZAGHI È UN PO’ SCARAMANTICO – “Per lo scudetto preferisco parlarne quando sarà vinto, lo sai che Inzaghi è un po’ scaramantico… Non vorrei sentire che poi è stata colpa mia se dico qualcosa. Ci tiene molto a queste cose. Sente molto le partite, è un grand’uomo e un bravissimo allenatore, ma su queste cose meglio non aprir bocca. Ogni tanto ci sentiamo, lui lo sa cosa penso e mi auguro. Aspettiamo però quando sarà matematicamente fatta! Anche il giorno della finale di Champions League stavo per mandargli un messaggio ma poi non ho avuto il coraggio di spingere il tasto per inviarlo”.

INZAGHI NON È UNA SORPRESA – “Quando Inzaghi allenava la Primavera della Lazio avevamo una grandissima squadra. È sempre stato preparato e la prima cosa che mi ha colpito quando Inzaghi è arrivato in Primavera fu che sapeva già cosa c’era da fare, conosceva già i ragazzi, conosceva il sistema di gioco e cosa avevamo fatto, lo spogliatoio. È stato molto bravo a osservare sul lavoro dei suoi predecessori e vederlo dov’è oggi non è una sorpresa per chi lo ha conosciuto”.

TEST PER DIMOSTRARE L’ETÀ “In quel momento non ci pensavo. Sono arrivato in Italia giovane, senza entourage, familiari, amici, persone fidati a consigliami e mi sono ritrovato catapultato in una casa famiglia e con i miei mezzi e il talento che si è fatto vedere e valere ho avuto la possibilità di dare un altro senso alla mia vita. In quel momento non ho fatto caso alle voci, perché io ho iniziato col mio primo manager che era Raiola, non uno qualunque e dunque più queste cose andavano avanti più io non ci facevo caso. Poi ho firmato per la Lazio, facevo tutto quello che facevano ragazzi della mia età in quel momento, non è che ero sbarcato per arrivare improvvisamente a giocare, avevo fatto tutto un percorso dove ho fatto la scuola italiana. Quando è uscita quella cosa in quel momento le persone che mi gestivano mi hanno mal consigliato, dicendomi di lasciare stare, che tanto sono cose che dovevano spegnersi da sole. Invece le persone hanno sempre preferito mettere quella notizia prima di quello che io facessi, qualsiasi cosa potevo fare in campo, magari facevo una partita da 10, ma la mia diventava da 6, dicendo che ero vecchio. Quando ho capito che avrei dovuto fare qualcosa ormai era già un po’ tardi, anche se comunque sono sempre nel calcio, non ho mai rubato e anzi, mi sono anche prestato a fare dei test che tanti giocatori che sono veramente in dubbio non accetterebbero mai di fare, ma non avevo niente da nascondere”.

Niccolò Matteucci

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