Le parole, i provvedimenti e le iniziative a seguito del caso Maignan a Udine sembrano essersi rivelati soltanto un buco nell’acqua.
Non accennano a ridursi le polemiche dopo quanto avvenuto a Udine lo scorso 20 gennaio in occasione del match di Serie A Udinese-Milan. Hanno fatto il giro del mondo le immagini del portiere milanista Mike Maignan che, dopo aver richiamato l’arbitro una prima volta e dopo l’annuncio dello speaker dello stadio Friuli, imboccava il tunnel per gli spogliatoi dopo essere stato fatto oggetto di insulti di natura razzista.
Come lecito attendersi il post-partita è stato fin da subito motivo di grandi dibattiti, dichiarazioni, iniziative, prese di posizione e di distanza, proposte, manifestazioni di solidarietà, annunci sui giornali, fino ad arrivare addirittura allo scontro politico. Alla fine della fiera però il problema, come molti hanno sottolineato, è culturale.
C’è ancora tanta strada da fare e a renderlo evidente è un dato da poco portato alla luce. Uno studio statistico che ha fatto emergere un’evidenza addirittura numerica che deve far riflettere e comprendere che tutto quello che si è fatto evidentemente non è abbastanza o che ancora ci vorrà parecchio tempo prima di vedere la luce dal punto di vista della civiltà all’interno degli stadi.
Dopo il caso Maignan e tutto ciò che ne è seguito, la SWG, società storica e leader in Italia in ambito di sondaggi, ha chiesto ad un campione composto da 800 persone e considerato rappresentativo, quali comportamenti ritiene normali all’interno di uno stadio in occasione di una partita di calcio.
Un italiano su cinque considera parte integrante del tifo allo stadio l’atto di insultare gli avversari. Poco importa se la natura degli insulti sia di natura razzista. In questo caso le dichiarazioni delle persone che hanno risposto però presentano aspetti incoerenti.
Se da un lato i tifosi vogliono sentirsi liberi di insultare come e quanto gli pare i giocatori, in diversi riconoscono il loro diritto di protestare per le offese ricevute lasciando il campo, anzi lo ritengono giusto. Altri invece minimizzano su tutti gli aspetti, derubricando l’insulto a sfondo razziale a un modo come un altro per destabilizzare la concentrazione dell’avversario e di conseguenza considerano certe prese di posizione e le eventuali sanzioni per i trasgressori un qualcosa di eccessivamente coercitivo.
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