Il tecnico portoghese dopo la bufera della vigilia si prende una bella soddisfazione, batte il Sassuolo e a fine gara ne combina una delle sue, spiazzando tutti
Una ne fa, cento ne pensa. Ma quell’una vale più di tante altre messe insieme ed è geniale. L’ultima trovata di Josè Mourinho è sorprendente e allo stesso tempo semplice, ma lineare col personaggio. E la cosa bella è che nessuno potrà dirgli nulla perché anche questa volta, alla fine e nonostante tutto, avrà ragione lui. Il caos creato alla vigilia della sfida col Sassuolo con le sue parole nei confronti degli arbitri ha sollevato un polverone gigantesco, tanto che la Procura Federale ha aperto un’inchiesta, l’Aia è furiosa ed è dalla fine della famosa conferenza stampa che fa pressioni sulla Figc per ottenere una punizione esemplare.
In effetti quelle parole sono inequivocabili e gravi, ma il dubbio sta cominciando a insinuarsi e a sollevarlo è stato lo stesso Mourinho, iniziando a parlare in portoghese non più in italiano. Era davvero quello che voleva dire lo Special One? Il famoso “non sono tranquillo” riferito a Mercenaro era ed è riconducibile al mettere in dubbio la regolarità del campionato? Almeno è quello che gli contestano e gli contesteranno gli ispettori e i magistrati della Procura Federale perché, a loro dire, con quelle frasi lo Special One avrebbe seriamente violato gli articolo 4 e 23 del codice di Giustizia Sportiva ovvero mettere in dubbio la “lealtà, correttezza e probità” dei tesserati. E allora ecco che scatta la ripartenza e, consentitecelo, il gol del tecnico portoghese con la scelta di censurarsi in italiano e passare alla sua lingua madre, il portoghese. Nella sua lingua, quella dove lui si sente sicuramente più a suo agio, non ci sono fraintendimenti e nessuno potrà mai confondere con “un tranquillo” al posto di “essere danneggiato” perché è quello che tutti hanno pensato.
Mou parte in quarta e già ha messo in pratica la sua linea difensiva
La verità è che Josè Mourinho ha capito dove vorrebbe andare la Procura Federale e la Figc, ovvero squalificarlo per quanto ha detto prima della gara col Sassuolo. Ma lui non voleva dire assolutamente quello che è stato percepito e capito, ma un’altra cosa, solo che parla liberamente in italiano e usa termini che pensa possano essere fraintesi, come in questo caso. Ed è qui che lui e i suoi legali, punteranno tantissimo: io mi esprimo ma non so bene l’italiano come voi credete. E potrebbe anzi, ha sicuramente ragione perché chi gli contesta questo, lui replica che è stato frainteso, che non voleva dire quello che tutti hanno capito. Qualcuno sostiene anche che Mou, nel momento dei saluti all’arbitro prima della gara col Sassuolo, ha cercato di fare chiarezza su quelle parole proprio perché in buonafede. Anche su questa scia vanno prese in questo contesto le parole prima della gara di Thiago Pinto che faceva riferimento al buon senso.
D’altronde, Mourinho parla l’italiano, ma italiano non è. Non solo. Lo Special One è andato via dall’Italia nel 2010, l’ultimo anno con l’Inter, ed è rientrato nel Belpaese ben undici anni dopo e la padronanza con l’italiano si perde, soprattutto se sei straniero e non è la tua lingua madre come il portoghese. Ed è per questo che lui e i suoi legali hanno deciso di non parlare più in italiano e andare avanti con la lingua portoghese, la sua lingua quella con la quale pensa e scrive da quando è nato. Ed è su questo che punterà il dito quando verrà convocato dalla Procura per chiedere spiegazioni su quelle parole pronunciate su Mercenaro e su Di Bello al Var. E sa di avere ragione perché, e lo dirà davanti al procuratore Chinè, non aveva alcuna intenzione di mettere in dubbio la regolarità del campionato perché pensava di non offendere nessuno, né tanto meno usando quel “tranquillo” non voleva dire che aveva paura di essere danneggiato. Una strategia? Probabile, ma è altrettanto vero che lui italiano non è e se gli daranno torto, sarà pronto a chiedere i danni perché se dovrà pagare, lo farà ma su parole di cui lui sa il significato e lui, esattamente, non lo sa e dirà che non immaginava. Di sicuro, José ha ritrovato verve e voglia di combattere e come disse tredici anni fa al suo primo giorno lui “Non sono un pirla”.