ESCLUSIVA | Tre anni senza Diego, l’artista Mandragora: “Maradona esprime collettività”

La redazione di TvPlay, in occasione dell’anniversario della morte di Maradona, ha intervistato Leticia Mandragora, artista che ha dipinto vari murales del ‘Pibe de Oro’.

Oggi ritorna il campionato di Serie A, ma è anche la giornata del terzo anniversario della morte di Diego Armando Maradona. Il ‘Pibe de Oro’, infatti, ci lasciò il 25 novembre del 2020, nel momento in cui l’intero Mondo era alla prese con il Covid.

Dal momento della sua morte, di fatto, Diego Armando Maradona è diventato ancora più una ‘divinità’. In questi tre anni ci sono stati infiniti omaggi alla sua grandezza. Una delle città in cui si sono registrate più manifestazioni per il calciatore più forte della Storia, ovviamente, è stata Napoli. La redazione di ‘TvPlay’ , proprio per capire questo legame inscindibile tra il ‘Pibe de Oro’ e il capoluogo partenopeo, ha intervistato Leticia Mandragora, artista autrice di ben tre murales dell’argentino.

Hai ritratto Diego Armando Maradona in tre murales, ci puoi raccontare il tuo rapporto con lui?

“Il mio rapporto con Maradona dura da un po’ di tempo (ride, ndr). Sono molto legata alla sua figura. Ne ho disegnati diversi, e tutti quanti diversi tra di loro. Ho cercato di dare ad ogni opera un’unicità dell’interpretazione di Maradona, che non fosse la replica di altri murales realizzati in altri posti. Abbiamo quello a Gragnano, in cui c’è un Maradona in bianco e nero, con la maglia a colori. Mi ricordo che per quel murales ci misi un po’ a trovare il colore giusto per la maglia e quali azzurri, che utilizzo come firma nei miei lavori, si potessero collegare al suo viso. Il secondo, invece, l’ho dipinto a Frattamaggiore. Per quanto riguarda quest’ultimo, mi hanno chiamato delle persone che seguono molto il Napoli e che non abitavano in quelle palazzine popolari, ma ci tenevano ad offrire un momento speciale per quel contesto. Era il periodo del Covid, dove le persone erano molto distanti tra di loro, si è create un momento di aggregazione legato a qualcosa che si chiama ‘fede’, che è il nome anche di quell’opera. E’ un Maradona blu, io non dipingo uomini blu, perché rappresenta la ‘fede’, dunque non rappresenta la persona fisica, ma lo spirito di collettività”.

Leticia Mandragora: “I miei Maradona sono nati da una raccolta popolare”

 

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Tu hai affermato che dipingi con il blu cobalto per esprimere l’interiorità delle persone, è stato proprio questo il caso?

“Sì, è stata l’occasione sia per esprimere un bellissimo momento di collettività che per dimostrare che una donna possa lavorare in ambiti contenti lavorativi, ovvero che un mondo legato al calcio non debba essere per forza maschile, ma può essere condiviso anche da una donna”.

Mentre nel murales che hai realizzato alla Calata Capodichino hai realizzato un Maradona con colori naturali.

“Anche quello è nato da una raccolta popolare, forse è proprio quello che anima i personaggi, perché tutti quanti ci mettono del proprio. Io non faccio dipinti a colori, visto che non mi rappresenta, ma è stato un momento di sfida, perché mi sono messa in gioco. E’ stato un momento particolare, perché l’ho dipinto nel periodo in cui il Napoli si stava apprestando a vincere lo Scudetto. E’ stato bello, perché anche quello è un quartiere in cui non ci si ferma di solito, mentre adesso c’è una strada curata dalle stesse persone di lì. Non c’è più la spazzatura, ma tante piccole accortezze che hanno ‘rinnovato’ un pezzo di città. La finalità per cui mi muovo, ovvero sensibilizzare le persone, penso che sia stata raggiunta in tutte le mie opere”.

Sei originaria di Madrid, ma per chi tiferai mercoledì nella sfida di Champions League tra il Real Madrid ed il Napoli?

“Ovviamente, il Napoli. Io vedo sempre il calcio come momento di aggregazione del ‘Popolo’, al di fuori di determinati contesti economici. Io non ho vissuto il Real Madrid, se non da piccolissima quando in casa si discuteva di Real Madrid o Atletico, ma il Napoli l’ho vissuto a pieno, conoscendo anche persone che hanno veramente dato parte della loro vita al ‘concetto di squadra’. Mi sento di tifare Napoli”.

Le tue opere sono la dimostrazione che dalla cosiddetta ‘periferia’ possono arrivare delle cose belle?

“Sì, certo che possono venire bella periferia. Anche perché non ci sono distinzioni tra le persone del centro e della periferia, dipende sempre cosa gli vogliamo offrire: più diamo possibilità e più le persone sono spinte a fare cose buone”.

 

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