Calcioscommesse, Davide Torchia a TvPlay: “Il ruolo del procuratore…”

In un momento molto delicato per il nostro sport preferito abbiamo deciso di chiamare l’agente Davide Torchia che ha parlato del calcioscommesse e del ruolo del procuratore.

Abbiamo chiesto al procuratore se in tutta questa complicata situazione gli agenti dei calciatori avrebbero dovuto fare qualcosa di più. Diventa dunque interessante capire quello che è il suo pensiero.

Intervista al procuratore
Intervista a Davide Torchia sul calcioscommesse (TvPlay.it)

Nessuno di noi e tantomeno io sono qui a voler giudicare, che è molto facile farlo ora, l’operato sia dei calciatori, anche molto giovani in questo caso alla ribalta, né l’operato di chi gli sta intorno tipo famiglia e chi lo gestisce. Non stiamo facendo un giudizio. Per esperienza personale avendo nella grandissima parte dei casi iniziato a lavorare e collaborare con calciatori molto giovani, quando il rapporto economico è agli inizi, oltre alla crescita tecnica. È normale che ci si inizi a interfacciare col problema che quando il calciatore è bravo e giovane e inizia a guadagnare cifre elevate, giustamente perché il mondo professionista va così, rispetto a una persona che fa un comune lavoro. I ragazzi iniziano ad avere una disponibilità importante, si sta come tutti gli agenti attenti a quello che si può spendere a cosa fa, senza fargli buttare troppi soldi anche se arrivano tanti tutti insieme. Questo può far girare la testa e mettendoci nei panni di un ventenne che inizia a guadagnare soldi importanti è normale che la vita cambia almeno un po’. Al di là di qualche soddisfazione che si possono prendere a livello materiale, si sta attenti che i soldi non vengano gettati giù dalla finestra, si pensa al consolidamento, al futuro e questa ondata economica porti tranquillità e non stravolgimento. Che poi si tolga delle soddisfazioni è normale, lo farebbe chiunque. In questo caso è questione di disponibilità ma anche che si entra in un giro, come può capitare a tanti, prerogativa di tutte le dipendenze. Si entra piano piano e non si riesce più a farne a meno”.

Il vero problema è un altro e le soluzioni sono difficili da trovare: “In questo caso si parla di ludopatia, un disagio psicologico che devono affrontare dei medici perché il soggetto non è un vizioso ma un paziente. Devo anche dire per concludere che dato che è una dipendenza non sempre è facile per chi è vicino scoprire determinate dipendenze. Ho visto che negli anni chi ha avuto qualche problematica tende a nasconderla per vergogna, per non deludere le persone che sono vicine a lui o che hanno creduto in lui. Posso dire che spesso succede e succederà ancora che le persone più vicine non sono al corrente e non vuol dire non curarlo. Se il ragazzo è in ritiro col computer e va su un sito sbagliato invece che guardare una serie tv non può saperlo nessuno. Quando capiscono di aver combinato un guaio tendono a nasconderlo, lo fanno molto bene. È semplicistico dare la colpa a chi sta vicino. Non voglio fare l’avvocato per nessuno, non è facile scoprire determinate cose. Non si può stare ogni momento a controllare il conto corrente, ci si sta dietro ma sulle cose più evidenti come se compra tre macchine invece che una. Se gioca di nascosto si fa veramente fatica, il soggetto tende a nascondere, quando arriva in questi casi al massimo e si trova nei guai fino al collo chiede aiuto a chi gli sta vicino perché è una situazione disperata. Giustamente di chiunque si tratti deve avere una pena commisurata all’irregolarità commessa, ma ricordiamoci come si fa per tante altre situazioni anche penali e cioè il recupero. Devono tornare a fare la propria vita e la professione pagando ovviamente quello di cui sono colpevoli, ma sarà una lezione di vita da cui uscire maggiormente liberi”.

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