Decreto Crescita, la modifica del Governo sulla norma che agevola i club italiani: la novità ed il sospiro di sollievo delle società
Il Decreto Crescita, la normativa promossa dal governo per attirare in Italia “cervelli migliori” attraverso agevolazioni fiscali è stata revocata. Anzi, no, c’è ancora. Il mondo del calcio è andato nel panico più totale quando si è diffusa proprio la notizia che l’Esecutivo aveva deciso di revocare dal 2024 agli sportivi questo particolare beneficio che i club utilizzano per attirare dall’estero i top player (vedi Cristiano Ronaldo).
Il Decreto Crescita, di fatto, abbassa quasi del 50% il costo aziendale e permette alle società di risparmiare notevolmente; una situazione, questa, che da un lato penalizza anche e soprattutto il mercato italiano, con i club che prediligono acquistare i calciatori all’estero proprio per i risparmi di cui sopra a dispetto dei giovani talenti del nostro Paese che faticano enormemente ad avere una chance.
Le società italiane, già intente a capire quanto questa decisione del Governo avrebbe avuto impatto sui bilanci, sono state poi raggiunte dall’errore di interpretazione che di fatto aveva mandato tutti nel panico. Nelle nuove disposizioni non sono coinvolti professori e ricercatori universitari, i cosiddetti “cervelli”, ma anche i calciatori. E nessuna decisione di revocare il Decreto Crescita ma solo di inasprirlo, con almeno cinque anni necessari di residenza in Italia per poterne usufruire e tre di residenza all’estero pregressa.
Decreto Crescita, i pro ed i contro per i club italiani
Società italiane salve, quindi, con il Decreto Crescita che potrà continuare ad essere utilizzato come prima. Una misura che, di fatto, crea divisioni anche all’interno del mondo del calcio nostrano. In più di un’occasione proprio la Federazione è intervenuta per invocare l’esclusione dei calciatori da questa particolare misura fiscale.
I club italiani, infatti, sono maggiormente propensi ad ingaggiare calciatori stranieri a vantaggio dei giovani talenti italiani. C’è, però, anche il risvolto della medaglia. Senza questa particolare agevolazione, la nostra Serie A non sarebbe in grado di attirare i campioni più affermati che, al contrario, virerebbero con decisione su Liga e Premier League.
E senza campioni vi sarebbe anche una competitività minore dei nostri club in Europa, con diminuzione dei premi Uefa e cammini nelle coppe internazionali limitati, con conseguente minore appetibilità nei confronti di sponsor e broadcaster.
Proprio l’anno scorso, però, per impedire che i club potessero puntare anche su calciatori meno noti e di certo non competitivi, fu introdotto un emendamento che introduceva una soglia di sbarramento basata sul milione di euro di stipendio lorod ed i 20 anni di età. Un piccolo passo, una sorta di compromesso.