Il Milan dopo la maledizione della 9 scopre quella della fascia, da Montolivo a Calabria, quanti crolli tra gli ultimi capitani rossoneri.
Certe squadre nel corso della loro storia sviluppano dei tratti peculiari che in un certo qual modo la caratterizzano. Quando si parla di Milan e contestualmente di Diavolo il fatto che esistano delle “maledizioni” è qualcosa che almeno a livello concettuale non dovrebbe sorprendere. È stato così per la famigerata “maledizione della 9”, abbattutasi su chiunque abbia indossato quella maglia dopo il ritiro di Pippo Inzaghi.
Da Pato, che con la 7 era devastante e con la 9 sempre infortunato, idem per Piatek quando passò dalla 19 alla 9, ma anche passando per varie delusioni, Higuain su tutti, oppure calciatori semplicemente non all’altezza di presentarsi con quella maglia a San Siro. A rompere questo sortilegio ci è più o meno riuscito Olivier Giroud, che non ha numeri da bomber ma ha messo la sua firma su alcuni dei gol senza dubbio più importanti dell’ultimo decennio rossonero.
Questa stagione sarà probabilmente la sua ultima da centravanti titolare dei rossoneri e c’è molta curiosità sul nome del 9 del futuro. Intanto però mentre questa maledizione si è presa una pausa ce n’è un’altra che sembrerebbe essersi palesata in maniera piuttosto evidente, quella della fascia da capitano.
Parallelamente alla maledizione che colpiva i numeri 9 del Milan, un’altra si è fatta strada arrivando fino ad oggi. Quella del capitano del Milan. Da quando la fascia è stata lasciata da Massimo Ambrosini i capitani rossoneri hanno trovato molte difficoltà, a cominciare da Riccardo Montolivo. L’ex viola fu costretto a cederla al neo-acquisto Leonardo Bonucci, ad oggi ancora motivo di profonda vergogna tra i milanisti. Fu quindi la volta di Alessio Romagnoli, per anzianità e perché l’allora astro nascente Gianluigi Donnarumma era troppo giovane.
Romagnoli però diede ben presto segnali di sofferenza per la pressione della fascia di un Milan che finalmente tornava a competere per i vertici. Inoltre anche essere dichiaratamente di fede laziale non l’ha mai fatto entrare nel cuore dei tifosi, che al suo addio non l’hanno neanche rimpianto. Da questo punto di vista Davide Calabria, milanese, milanista oltre che proveniente dal settore giovanile, non ha problemi.
Il problema di Calabria semmai è il tasso tecnico della squadra che si alza e la sua buona volontà che non è abbastanza per colmare il gap. Perché quando serve dare la scossa o bisogna riprendere un compagno, non basta essere quello con più presenze. Il Milan ha una storia di capitani fatta da giocatori che nel loro ruolo erano letteralmente i più forti del mondo, da Rivera a Maldini, passando per Baresi.
Nelle ultime due stagioni però vediamo un Calabria decisamente involuto rispetto a quello per cui i milanisti si sorprendevano di non veder convocato in Nazionale di 3-4 anni fa. L’involuzione del numero 2 rossonero inizia proprio con la promozione a capitano. Anche sabato a Genova, la grande uscita di Giroud avviene perché è proprio il terzino rossonero (tra l’altro entrato da poco) a farsi bruciare dall’attaccante rossoblù Puscas. Così come a Dortmund i calciatori del Borussia hanno cercato spesso di attaccare dal suo lato, considerato evidentemente quello “debole” della squadra di Pioli.
Anche qui il paradosso ha voluto che ci fosse un papabile capitano troppo in erba nel momento del passaggio di consegna della fascia e che in questo caso rispondeva al nome di Sandro Tonali. Anche in qui però il destino ed il mercato hanno scritto una storia differente. Ecco perché ora il Milan si trova in una situazione in cui la fascia da capitano diventa un peso forse insostenibile per un tipo di giocatore che non ha la stoffa del campione, oltre che una predisposizione alla leadership.
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