Cissé e il suo anno alla Lazio vengono ricordati da molti e non solo per i risultati conseguiti con la maglia biancoceleste ma per un particolare.
Ci sono giocatori che vengono ricordati per le loro gesta in campo, altri per il loro acquisto faraonico e altri ancora per quanto hanno fatto fuori dal campo. Nel caso di Djibril Cissé il ricordo non può che non essere nitido. Arrivò in biancoceleste dopo l’esperienza al Panathinaikos, con l’obiettivo di rinforzare il reparto offensivo di Edy Reja.
L’attaccante francese ex Liverpool e Marsiglia, con la maglia della Lazio nella stagione 2011-2012, disputò in totale 27 partite, segnando 5 reti e 8 assist. Eppure, ciò che più di tutto ci si ricorda di lui, sono le sue stravaganze, come quello di arrivare al campo di ‘Formello’ per l’allenamento. Un qualcosa di unico, esilarante, che ancora oggi, il sol pensare fa sorride in senso buono.
Cissé passione auto: così arrivava a Formello
In effetti, l’ex attaccante francese, ovunque sia andato ha sempre dimostrato di essere un personaggio alquanto particolare. A confermare tale pensiero, è stato Senad Lulić, ex capitano della Lazio, che per dieci lunghi anni ha avuto modo di conoscere ogni dettaglio del mondo biancoceleste. Ebbene, proprio l’ex esterno sinistro di Edy Reja ha conosciuto Cissé e ha potuto vivere uno dei momenti più esilaranti del suo arrivo in Serie A.
Lulić lo ha raccontato ai microfoni di ‘Dazn’: “Cissé da noi è arrivato dal Panathinaikos. Quando è arrivato alla Lazio pensavamo fosse una coppia straordinaria insieme a Klose, però ha fatto solo un gol e quindi dopo sei mesi è andato via. È un tipo un po’ speciale, arrivava con sei macchine a Formello. Non si sapeva cosa facesse, se il calciatore o il dj. Però faceva ridere, era bello per il gruppo avere un personaggio così. Anche perché tutte le attenzioni andavano su di lui e noi potevamo stare tranquilli (ride, ndr.)”
Dunque, l’ex Marsiglia e Liverpool non sarà ricordato certamente per i suoi tanti gol messi a segno con la maglia biancoceleste ma sicuramente per il numero esagerato di macchine con cui arrivava a al centro sportivo del club romano. Un modo alquanto inusuale, ma originale, che ancora oggi i suoi ex compagni di squadra ricordano con una certa ilarità.