Buffon è stato uno degli ultimi portieri della vecchia generazione che si basava più sul parare che sul partecipare all’impostazione del gioco.
Spiegare l’evoluzione del calcio o ciò che gli allenatori vogliono far passare per tale, non è certamente un qualcosa di semplice. Forse, l’unica cosa certa è ognuno ha le proprie idee e cerca di portarle avanti pensando che siano giuste. Poi ci possono essere dei riscontri positivi o negativi ma alla lunga, forse realmente nulla è cambiato o forse si. A differenza del passato, si denota meno preparazione e più voglia di emergere anteponendo il proprio successo, alla crescita di giovani calciatori.
Ma a livello professionistico, niente o forse poco è realmente cambiato. I sistemi di gioco sono rimasti bene o male gli stessi così come le idee. Anche l’eccessiva ricerca del possesso palla: non è altro che un ritorno indietro agli anni d’oro dell’Ajax. Ciò che è cambiato, e in peggio, insieme all’incapacità dei difensori di non sapere più come gestire un semplice uno contro uno, è che ai portieri di oggi si chieda di giocare con i piedi più che parare.
Buffon e i portieri registi: il pensiero di Martina
In effetti, se ci si fa caso, negli ultimi quindici anni, soprattutto in Serie A si sono ingaggi molti portieri stranieri perché, a differenza degli italiani erano in grado di giocare con i piedi. Soprattutto i brasiliani, da Dida a Doni, passando a Julio Cesar, tutti ingaggiati principalmente per quello scopo. Peccato che solo due su tre si sono dimostrati ottimi portieri anche tra i pali o quanto meno completi e questo, non ha fatto altro che creare un danno alla preparazione dei futuri calciatori.
A parlare di questo argomento è stato Silvano Martina, ex portiere e procuratore di Buffon, che ai microfoni di TVPlay ha detto: “Possono dire quello che vogliono, ma i portieri devono parare. Mi hanno stufato con questa impostazione dal basso. I tifosi vogliono vedere lo spettacolo. Oggi invece ci mettono cinque minuti ad arrivare a centrocampo e poi tornano indietro. Imitano tutti Guardiola, a volte basta che lanci sull’attaccante e crei scompiglio. A volte arrivano a tirare la prima volta dopo 30 minuti”.
Un discorso simile è stato fatto in più di un’occasione da altri addetti ai lavori e in effetti, è vero. Per quanto ogni allenatore ha la libertà e il diritto di scegliere il suo modo di giocare, allo stesso tempo, avrebbe il dovere di assicurarsi che ad ogni singolo giocatore non manchino le basi del proprio per giocare al meglio nel proprio ruolo.