Inizia la nuova era targata Luciano Spalletti come commissario tecnico della nazionale italiana. Ecco cinque motivi per cui credere nella rinascita azzurra.
Dopo l’improvvisa separazione tra gli azzurri e Roberto Mancini, con quest’ultimo attualmente CT dell’Arabia Saudita, la nazionale è passata in mano all’allenatore campione d’Italia con il Napoli, Luciano Spalletti.
Nel giorno della chiusura del calciomercato, il 1 settembre, è nato anche il nuovo progetto Italia del tecnico toscano. Prima i nuovi convocati, quindi la presentazione. Ecco cinque motivi per cui l’Italia ripartirà con il cambio al timone.
Cinque motivi che lasciano ben sperare
Innanzitutto una semplice ventata d’aria fresca: il movimento azzurro urgeva prepotentemente di uno stravolgimento al comando.
È vero che con la vittoria di Wembley aveva portato a compimento un miracolo, vincendo gli europei con Mancini in panchina. Ma è altrettanto corretto dire che la mancata qualificazione bissata al mondiale, stavolta quello qatariota, ha pesato molto di più nel bilancio totale.
Forse il mister avrebbe dovuto lasciare prima, per dare spazio a nuova linfa. Così come di nomi nuovi c’era bisogno. Sebbene si decida di tenere in considerazione l’ossatura che Luciano Spalletti ha deciso di confermare con i convocati, è impossibile non notare i nomi nuovi che in precedenza ottenevano discussione quasi a priori.
Innanzitutto i laziali: Casale, Romagnoli, Provedel e Zaccagni. Ma anche Mancini della Roma e perché no Biraghi della Fiorentina. Ma non sono solo i nuovi innesti, bensì è fondamentale non sottovalutare le esclusioni.
Se nell’ultimo incontro ufficiale dell’ex corso, quello in Nations League contro la Spagna, la difesa era formata da Bonucci, Tolói e Acerbi, stavolta sono rimasti a casa tutti e tre, sinonimo di una rivoluzione obbligatoria e per quello che è in questo momento un cambio necessario. Molto, però, ce lo dirà il campo: negare che Mancini abbia convocato spesso dei giovani sarebbe scorretto, considerando quanti realmente ne abbia lanciati.
Il problema, forse, è più da imputare alla continuità data a questi giocatori. Il compito di Spalletti sarà quello di responsabilizzare determinate figure che in altri paesi sarebbero già leader della propria nazionale.
Da Alessandro Bastoni a Federico Chiesa, passando per Sandro Tonali, Scalvini e Frattesi. Per ultimo, da considerare anche l’approccio a quelle che saranno le gare future: il gioco del vecchio commissario tecnico rischiava di diventare deleterio, come più volte accaduto in alcune gare dove nostra nazionale doveva dimostrarsi nettamente superiore.
Con Spalletti si giocherà in verticale, cercando la profondità, l’ampiezza e una rete di passaggi atipica per il nostro calcio, che forse potrebbe cambiarlo per sempre.
L’Italia è in buone mani, adesso è il momento di dimostrarlo.