In Serie A rischia di esserci un paradosso sull’utilizzo del VAR: perché gli arbitri italiani preferiscono non usarlo durante le partite.
Nella seconda giornata di Serie A è scoppiato il caso intorno al rigore negato al Bologna contro la Juventus. Un episodio da moviola che ha scatenato tantissime polemiche ed è sembrato davvero assurdo nell’era del VAR. Il suo mancato utilizzo, da parte dell’arbitro Di Bello, ha fatto venire alla luce un retroscena allarmante per il futuro.
Le immagini parlano da sole e si fa davvero fatica a capire il motivo per cui non sia arrivato il fischio sul contatto tra Iling-Junior e Ndoye. La dinamica non lascia dubbi e, se dal campo, a causa magari di un posizionamento non ideale del direttore di gara, si poteva interpretarlo in un altro modo la tecnologia avrebbe sicuramente evitato questa clamorosa svista.
La cosa incredibile infatti è che, in un tipo di situazione del genere, non si sia andati a rivedere i replay all’on field review per capire cosa effettivamente è successo nell’area bianconera. Davanti a un “chiaro ed evidente errore” doveva essere automatico andare a bordocampo e rimettere a posto le cose, ammettendo di aver sbagliato cambiando la decisione iniziale.
Si pensava che l’introduzione del VAR potesse diminuire le polemiche arbitrali e invece siamo sempre alle solite, anzi ora le proteste diventano perché si accetta meno l’errore con la tecnologia. Chiedere al Bologna, privato di un calcio di rigore che avrebbe potuto fare tutta la differenza del mondo per l’epilogo della partita contro la Juventus.
Il caso da moviola dell’Allianz Stadium ha aperto risvolti inediti sul mondo arbitrale. Come analizzato dal “Corriere dello Sport”, si è cercati di dare una spiegazione alla discussa vicenda facendo riferimento a uno strano scenario a cui gli arbitri sono soggetti ogni partita. In particolare si è scoperto come l’uso del VAR sia in realtà penalizzante secondo il metro di valutazione dell’AIA.
Nello specifico, ogni volta che un fischietto beneficia dell’on field review e la sua scelta viene corretta, riceverà un malus di – 0,10 nel punteggio della sua prestazione. Una regola che inevitabilmente disincentiva ad avvelarsi di questo strumento a costo anche di rischiare di prendere un abbaglio come accaduto a Di Bello, successivamente fermato come i suoi assistenti.
A prima vista infatti la “punizione” può essere di poco conto ma in realtà ha un peso non indifferente all’interno di una scala di giudizi che va dall’8,70 (eccellente) all’8,20 (insufficiente). Un sistema che potrebbe creare un cortocircuito per i direttori di gara, psicologicamente intimoriti dall’idea di ricorrere all’assistenza video e quindi non così liberi di riguardare un’azione sospetta.
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