Il Direttore Sportivo Gianluca Nani ha ricordato Carlo Mazzone, con il quale lavorò a Brescia, ai microfoni di TvPlay.
“CARLO MAZZONE NON TE LE MANDAVA A DIRE” – “Di ricordi ce ne sono tantissimi perché con Mazzone era una lezione ogni giorno, perché è stato un grande maestro. Hanno fatto recentemente un film chiamato “Come un padre“ e mai titolo fu più azzeccato perché lui realmente era come un padre: severo e deciso, ma sapeva anche essere dolce, affettuoso e generoso. Ogni giorno grazie alla sua esperienza era una lezione, un apprendimento, conoscere qualcosa. Da lui e da Corioni, con cui ho avuto la fortuna di crescere e di iniziare questo lavoro, ho imparato tantissime cose: intanto i valori che entrambi mi hanno trasmesso, cioè onestà e integrità. Mazzone era così: era tutto d’un pezzo. Se tu mi chiedessi un paio di aggettivi, ti direi “integro, onesto, generoso”. Era una persona diretta, come si dice a Roma ”non te le mandava a dire“. Diceva sempre quello che pensava, non era una persona finta perché diceva sempre il suo punto di vista e quello che pensava fosse giusto dire”.
“NELLE CENE CON GLI EX COMPAGNI DEL BRESCIA, EPISODI MERAVIGLIOSI” – “Di episodi ce ne sono tantissimi, perché essendo un personaggio molto diretto, che usava anche l’ironia, era un personaggio estremamente ironico e intelligente e non ce ne sarebbero tantissimi. Però non è questo quello che voglio ricordare oggi, ma il messaggio che lui mi ha dato e i sentimenti che lui ha lasciato. Innanzitutto questa sua grande integrità morale, questa sua grande correttezza, onestà intellettuale, ed è questo che io mi porterò sempre appresso di Carletto Mazzone. Poi, sì, è vero: le cene con gli amici, con gli ex compagni del Brescia, quando ci incontriamo vengono a galla episodi meravigliosi e anche episodi apparentemente normali che lui rendeva speciali con il suo sarcasmo e la sua romanità di cui era fiero e orgoglioso onestamente, quindi vengono a galla quei ricordi. Ma oggi quello che mi sento di dire sono i valori che lui ci ha trasmesso“.
“GUARDIOLA? CARLETTO ERA ARRABBIATO CON LA SOCIETA’ MA…” – “Io mi ricordo perfettamente un momento un po’ particolare: Carletto era un po’ arrabbiato con la società, non perché fosse arrivato Pep Guardiola che lui riconosceva come un grande campione, ma perché in quel giorno, in quel periodo, in cui il mercato, si era espresso tantissimo e si era anche esposto molto con Giunti per farlo venire via dal Milan per venire al Brescia. Evidentemente l’arrivo di Guardiola avrebbe messo in difficoltà Giunti. Quindi lui aveva dei dubbi e dei tentennamenti legati a come presentare questo, come dire questo. Poi essendo una persona onesta, il venerdì con l’arrivo di Guardiola lui era un po’ arrabbiato, soprattutto con me, col presidente, non certamente con Pep”.
“CON LA CORSA SOTTO LA CURVA, MI DISSE…” – Quindi andò in campo un po’ nervoso per quella situazione là e successe che Guardiola in effetti era seduto proprio in mezzo a me e il presidente e io ricordo che durante la partita ci fu tutto quel turbinio di emozioni. A un certo è comminato con la corsa di Mazzone sotto la curva dell’Atalanta, si rivolse a me e disse “Ma sono tutte così le partite qua”. Gli risposi: “No guarda, non ti preoccupare. Questa è un po’ particolare, è una partita molto sentita”. Però anche lì, nel gesto che Mazzone riconobbe lui stesso come un gesto da non fare, venne fuori l’attaccamento verso dei valori che erano stati toccati, la famiglia, la sua romanità, la mamma. Quindi ci fu questa reazione spontanea, che anche qui in qualche modo descrive la bellezza dell’uomo Carletto Mazzone”.
“IL BRESCIA NON SI ERA MAI SALVATO, LUI LO FECE PER QUATTRO ANNI DI FILA” – “Un ultimo accenno: adesso tutti parlano di Mazzone come grande uomo e grande persona come giusto che sia, ma lui era anche un grande allenatore. Aveva una capacità di lettura della partita incredibile. Poi evidentemente avendo allenato sempre… lui raggiungeva sempre il massimo della squadra dov’era: lui a Brescia, che non si era mai salvato in Serie A, lo salvò per quattro anni di seguito. Certo, grazie anche ai grandi giocatori che erano con lui. Non era un allenatore geloso dei propri giocatori, tant’è che portava sempre in prima fila i calciatori, prima di lui e del suo lavoro.”