Nazionale, Spalletti il favorito per il dopo-Mancini: perché è il migliore per rilanciare l’Italia

Le dimissioni di Mancini sbaragliano le porte ad un possibile arrivo di Luciano Spalletti come tecnico dell’Italia: ecco perché sarebbe l’uomo perfetto per raccogliere il testimone.

Le dimissioni improvvise di Roberto Mancini hanno creato shock nell’ambiente Italiano. A sette giorni di distanza dall’inizio del campionato, con le gare della nazionale che si giocheranno tra meno di un mese e che varranno la qualificazione al prossimo Europeo, l’inaspettata decisione del commissario tecnico ha creato scompiglio tra gli addetti ai lavori.

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Nazionale, Spalletti il favorito per il dopo-Mancini: perché è il migliore per rilanciare l’Italia – (LaPresse, TvPlay)

Dopo la vittoria dell’Europeo itinerante del 2021 e la mancata qualificazione al Mondiale per via del KO casalingo inatteso contro la Macedonia del Nord, qualche tifoso chiedeva l’addio immediato, che poi non è arrivato fino alla giornata di domenica.

Spalletti prima della lista: perché è il favorito.

Se per Roberto Mancini pare che l’idea numero uno sia quella di valutare la possibilità di una ricchissima avventura in Arabia Saudita, non nella Saudi Pro League, vera protagonista dell’estate ma direttamente da commissario tecnico della selezione, discorso diverso si può fare per gli eventuali sostituti del ormai ex c.t. azzurro.

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Nazionale, Spalletti il favorito per il dopo-Mancini: perché è il migliore per rilanciare l’Italia – (LaPresse, TvPlay) – (LaPresse, TvPlay)

Il nome che va per la maggiore, infatti, è quello di Luciano Spalletti, che dopo il tricolore vinto con il Napoli, aveva deciso di lasciare i partenopei per prendersi un anno sabbatico.

Come non detto perché l’interesse degli azzurri potrebbe far saltare il banco e portarlo ufficialmente a cambiare idea. Il tecnico di Certaldo sarebbe una possibilità sia per il sistema di gioco che adotterebbe, un 4-3-3 simile a quello di Roberto Mancini, che non farebbe perdere troppo tempo alla nazionale per un obbligatorio periodo di adattamento, sia perché Gravina ha fatto capire di non voler scendere di livello.

E poi c’è da considerare quelle parole profetiche del mister toscano, che disse che a quel punto della sua carriera avrebbe accettato una nazionale, per il suo modo di fare calcio e le sue sedute.

L’unico reale problema, probabilmente, potrebbe essere il tempo: in ogni squadra nella quale ha allenato, Spalletti ha sempre avuto bisogno di qualche mese di lavoro per permettere ai propri giocatori di assimilare richieste e indicazioni.

Il vero neo potrebbe essere questo, con i raduni degli azzurri che, posizionati in calendario, si contano sulle dita di una mano.

L’alternativa sarebbe, in tal caso, Antonio Conte, per il quale giocherebbe un ruolo fondamentale più il cuore rispetto che il cervello.

Sebbene il tecnico campione d’Europa, prima dell’addio, abbia spesso sondato il pacchetto arretrato a tre in nazionale, il 3-5-2 di stampo Contiano obbligherebbe gli azzurri a giocare senza più alcuna ala offensiva, vero punto di forza della selezione.

Nonostante ciò, però, con il mister pugliese l’Italia ha avuto una delle parentesi più intense, concalciatori spesso non considerati di livello eccelso (Pelle, Zaza, Giaccherini) che hanno invece sognato l’impresa, arrendendosi solo ai penalty della Germania.

Quando andò via disse “È un arrivederci”, chissà se è arrivato il momento di rivedersi.

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