Chukwueze arriva al Milan per giocare titolare a destra: ecco dieci africani che hanno scritto, nel bene e nel male, la storia del Milan.
Nonostante il Milan sia riconosciuto indiscutibilmente per il suo connubio passato con calciatori brasiliani, andando a ritroso nella sua storia è impossibile negare come l’Africa abbia scritto buona parte della storia del club rossonero.
L’arrivo di Samuel Chukwueze in rossonero, attaccante nigeriano molto amico di Victor Osimhen, è solo l’ennesimo calciatore che arriva dal continente africano, pronto per trascinare il diavolo.
Andiamo a scoprire dieci calciatori africani che hanno militato nel club nella sua storia.
Dieci africani al Milan: non tutti hanno lasciato bei ricordi.
A proposito di nigeriani partiamo da Mohammed Aliyu, una delle più grandi delusioni del Milan degli ultimi anni. A 16 anni si prende letteralmente sulle spalle il club al torneo di Viareggio, distruggendo quasi da solo il Bayern Monaco per 4-0 e permettendo al suo Milan di passare da primo il raggruppamento, andando in rete anche l’ultima giornata.
Segnerà poi anche ai quarti di finale contro il Werder Brema e aiuterà i suoi ad alzare al cielo il trofeo.
Da lì in poi, appena due presenze con la prima squadra del Milan, prima di iniziare una girandola di prestiti in serie B e perdersi nel calcio nigeriano.
Simile il discorso relativo ad Hachim Mastour: prima di lui, diventano famosi i suoi video su YouTube dove a 10 anni porta a spasso tutti i pari età.
Nato da genitori marocchini, decide di firmare per il Milan, che lo soffia all’Inter. Debutta persino giovanissimo in nazionale, divenendo il più precoce a farlo.
Quella, però, rimane l’unica presenza ufficiale con la maglia marocchina. Dopo prestiti tra Europa e serie B è finito a giocare in Marocco.
Un calciatore che invece ha fatto molto bene, ma lontano da Milanello è stato Taribo West: fra le credenze generali, parole del presidente del Partizan Belgrado, si dice abbia 12 anni in più di quelli che effettivamente racconta la sua carta d’identità.
Eppure Taribo all’Inter fa benissimo: difensore centrale irruento ma efficace, bravo nel tempismo e nel senso della posizione. Cambia tutto quando lo prende il Milan, con il quale gioca appena quattro partite segnando una sola rete, quella del quattro a zero, contro l’Udinese su assist di Leonardo.
Quindi Bakaye Traore, altra delusione: i rossoneri lo prendono dal Nancy, dopo aver accumulato un’esperienza enorme nel massimo campionato francese. Il suo curriculum, infatti, conta già quasi 200 partite all’attivo.
Inoltre quando arriva a Milano, nel 2012, lo fa da titolare della nazionale maliana. Allegri, però, non lo vede adatto al suo calcio e con i rossoneri disputa appena sette gare.
Due piccole curiosità che ci eravamo scordati le sdogana lui per gli annali: debutta in competizioni europee giocando l’ottavo di finale di Champions League contro il Barcellona, ma soprattutto in rossonero sceglie la maglia numero 12, prima volta per un calciatore di movimento a farlo nella storia del club.
Il peggior calciatore africano, comunque, ad aver militato nel Milan è Zizi: arriva in Lombardia nel ‘98, sponsorizzato da Giorge Weah, gioca un paio di amichevoli, tante bastano a Fabio Capello per smettere di farlo scendere in campo. Finirà a giocare in serie B.
Leggermente meglio, ma non troppo, è andata a M’Baye Niang, che in rossonero divenne ancora più celebre quando si fece passare per il compagno di squadra Traorè dopo un incidente in auto, fra l’altro senza patente.
Col Milan avrà tre parentesi diverse tra il 2012 e il 2017, segnando con regolarità solamente nell’ultima e raggiungendo otto reti in serie A.
Montella lo apprezzerà enormemente, qualcuno lo paragonerà a Titì Henry, ma l’attitudine da cattivo ragazzo e la decisione di gettarsi in piscina da un balcone mentre la squadra era in ritiro, porterà il club a decidere per la sua partenza. Ha chiuso la sua carriera in Francia, dopo una breve parentesi in Arabia Saudita: visionario.
C’è, però, anche qualcuno che almeno un paio di ricordi positivi li ha lasciati, anche se, se dovessimo pensare a Sulley Muntari, certamente il primo ricordo sarebbe quello della rete siglata contro la Juventus, non convalidata dall’arbitro e che quell’anno consegnerà lo scudetto in mano ai bianconeri.
Tutto sommato in maglia rossonera, il calciatore ghanese non fece male, totalizzando 83 presenze e siglando 12 reti da centrocampista.
Ha fatto ancora meglio Frank Kessie, ivoriano prelevato dall’Atalanta. Parte male, ma quando ingrana trascina il Milan a vincere lo scudetto del 2022.
Una volta in coppa d’Africa promette “Contratto? Appena torno sistemo tutto” salvo poi trasferirsi a parametro zero al Barcellona. Ha disputato 223 partite col club di Milanello, divenendo l’africano con più presenti all’attivo nel club.
Un ricordo positivo l’ha lasciato anche Kevin-Prince Boateng, protagonista dello scudetto del 2011, celebre per la tripletta contro il Lecce che ha permesso al Milan di riprendere e vincere una partita che stava perdendo per 0-3.
Divenne un must per la capigliatura, ma anche per le grandi qualità. Giocò al Milan quattro anni e mezzo, segnando con grande costanza e continuandolo a fare in quasi tutte le altre parentesi.
Dopo i rossoneri, il ghanese ha girovagato per il mondo: Spagna, Germania e Turchia diviso da costanti ritorni in Italia, fra Sassuolo, Fiorentina e Monza.
Il calciatore africano più forte della storia del club rossonero è però senza alcun dubbio George Weah.
L’attaccante della Liberia, nazione della quale oggi è presidente, arrivò a Milano nel 1995, appena in tempo per alzare il Pallone d’Oro con la casacca rossonera.
Vinse due scudetti, quello con Fabio Capello e quello con Zaccheroni, divenendo uno dei calciatori più forti della sua epoca.
Diventa celebre anche per gli anni avvenire per il suo famoso goal contro l’Hellas Verona, quando corre per 75 m, segnando dopo uno spaziale coast to coast.
Dopo i cinque anni in Lombardia, nei quali non riesce ad alzare al cielo la coppa dei campioni, si trasferisce prima al Chelsea e poi al Manchester City, chiudendo la sua carriera con l’arrivo al Marsiglia e la cessione all’Al-Jazira, in Arabia Saudita.