Enrico Vanzina riceve il David di Donatello speciale per i 40 anni di “Sapore di Mare”, nella sua carriera ha vissuto un passato da ultras.
Enrico Vanzina è quel che resta della Commedia all’Italiana: esponenti illustri ancora ce ne sono, ma lui e suo fratello Carlo hanno lasciato l’imprinting su un percorso che ancora oggi è appetibile. In sala e in tv i fratelli Vanzina sono sinonimo di qualità, ma anche di critica: restano personalità e talenti divisivi. Proprio per questo “speciali”, esattamente come il David di Donatello che Enrico riceverà nel corso della cerimonia di quelli che vengono definiti gli Oscar italiani.
Atto dovuto al termine di 4 decadi in cui il sodalizio Vanzina ha portato emozioni e incassi a un ritmo incessante. Per questo si può far altro: osare e cercare qualcosa di inedito. Vanzina, però, nel ricordare la fugacità della vita – il riferimento a suo fratello Carlo, morto di recente, è d’obbligo – ammette di non aver avuto un passato sempre chiaro. Anzi: una cosa era limpida. La voglia di fare, ma anche di vivere un’epoca che a tratti sembrava irripetibile.
I magnifici anni ’70 e ’80, quando la festa sembrava non finire mai. La verità, però, è che la festa – un tempo lontano, ma mai dimenticato – hanno rischiato di farla a Enrico. L’uomo è tifosissimo della Roma e vanta – se così si può dire – un passato da ultras. Il tifo organizzato ha fatto parte della sua vita prima ancora della celluloide: lo confida a Riccardo Cotumaccio (noto giornalista e conduttore dell’etere romano) nel corso del talk show dal vivo chiamato “Late Night Monk”.
Le sue parole sono inequivocabili: “Sono andato spesso a seguire la Roma in trasferta, venendo arrestato due volte per gli scontri. C’era uno che metteva i timbri vicino casa mia e sul treno per Torino mi ha detto: ‘C’è uno romanista che fa il cinema, si chiama Enrico Vanzina, non è che lo puoi cerca’?”. Insomma un passato acceso da tifoso che arriva in un momento in cui i fratelli Vanzina erano già piuttosto conosciuti, anche questo sarà servito da spunto per i film. In fin dei conti un film non è altro che una notizia che non finisce mai, citando Truffaut, inevitabilmente uno spaccato del vissuto che entra nelle case e nelle coscienze di ciascuno.
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