Napoli, il terzo Scudetto partenopeo ha un risvolto anche sociale: non solo retorica, ma anche tanta presenza. Un trionfo per tutti.
I cori ancora non finiscono e dureranno per molto. Il tempo di non svegliarsi – ancora – da questo sogno: un traguardo, quello dei partenopei, atteso da una città per ben 33 anni. Tre decadi in cui è successo di tutto, compreso l’addio di un certo Diego Armando Maradona. Non proprio uno qualsiasi, esattamente come Napoli che tutto è tranne una comunità qualsiasi. Di normale – inteso come banale – in questo Scudetto non c’è niente: pieno, viscerale, incontrastato.
Al pari di un tornado che arriva e sconvolge – in meglio – la vita: una sequenza di amore che straripa nella maniera più semplice e dirompente possibile. Tanto da lasciare spazio alla retorica: il riscatto sociale come fine, la volontà di rialzarsi come secondo scenario. Tutte cose già viste, già dette e ampiamente risolte. Almeno nella mente di ciascun partenopeo che sa di essere molto più dei luoghi comuni che lo circondano.
Lo Scudetto di tutti: il Napoli e la filosofia dell’abbraccio
La festa Scudetto è una dimostrazione di quanto la crisi sia esclusivamente uno stato da cui dipendere, ma basta davvero poco per credere a qualcosa di diverso. Sperare che non sia già tutto deciso; che il male non trionfi sul bene sempre e che, talvolta, ci si può ancora emozionare per una sorpresa. Anche se arriva da un campo di calcio, dove si sono già utilizzati tutti i luoghi comuni possibili. Un luogo, del cuore, invece c’è: il Maradona che pervade l’animo di ciascun affezionato che poi lo porta fuori.
In ogni gesto che fa. Per questo la “bandiera sospesa” è una rivoluzione che parte dall’amore della fratellanza. Una scelta, quella di lasciare un vessillo per i più poveri, che rimanda a un romanticismo quasi anacronistico ma con cui si possono muovere montagne. I tifosi napoletani, in pochi giorni, questo hanno fatto: smosso montagne e colmato differenze. Una bandiera per tutti, persino per chi non può o non vuole avere voce. Per esultare bisogna essere, innanzitutto, uniti.
La comunità partenopea lo è: un abbraccio collettivo che passa anche attraverso coloro a cui le braccia sono cadute da un pezzo. Alla disillusione si risponde con sentimento e con il sorriso di un bambino che non smette di cantare: “Sarò con te, abbiamo un sogno nel cuore”. Napoli torna campione, stavolta per davvero.