Il Napoli è campione d’Italia, trent’anni dopo l’ultima volta. Com’era il mondo nel 1990, quando Maradona riuscì nell’impresa?
Il Napoli è campione d’Italia.
Chissà quante volte un tifoso partenopeo ha sognato di sentirselo dire dal telecronista alla fine dei novanta minuti, rimanendo però poi sempre con un pugno di mosche in mano.
Eppure il supporter azzurro, verace nell’anima e nel cuore, voglioso di esultare, capace di seguire la squadra con un trasporto unico, fino a ieri, aveva festeggiato solamente due scudetti.
Meno delle tre strisciate, chiaramente, ma anche meno della Roma oggi in stampo Mourinhano e di tante altre compagini che nei decenni si sono forzatamente ridimensionate. Quindi meno di Genoa e Pro Vercelli, stazionate fra serie B e C, sotto a Torino e Bologna, che da ormai troppo tempo si accontentano di un posto nella metà classifica.
Eppure il tifoso verace napoletano, orgogliosamente a testa alta, non ha mai nascosto la bandiera, che da trent’anni occupa una molletta sul balcone, in origine dedicata ai panni lavati, ma poi destinata al nobile compito.
E quella bandiera sventola da trent’anni. Nonostante le retrocessioni e il fallimento. Nonostante la poca stabilità economica. Continua a fluttuare a destra e manca, dopo el Tanque Denis e il massiccio Kalidou Koulibaly.
Dopo Dries Mertens, un belga totale ma che arrivato in Campania ha lasciato il cuore e il nome, oggi Ciro, così come quello di suo figlio. E da quelle parti sono passati il Pocho Lavezzi e il matador Cavani.
Quel gagliardetto ha visto el Pipita Gonzalo Higuain riscrivere la storia siglando la bellezza di 36 gol, quasi tutti su azione, salvo poi “tradire” la passione per Madama Juventus e per una lite con quel presidente e proprietario, Aurelio De Laurentiis, uno dei pochi patron rimasti in Italia, che è stato croce e delizia dei sogni dei tifosi.
E ondeggiava e garriva la bandiera, per trent’anni. Vedendo poggiarsi su di se le lacrime e le delusioni di tifosi che, da Rafa Benitez a Carlo Ancelotti, si pensavano di poter festeggiare un nuovo tricolore, dopo gli anni di Diego.
Ed è il 1990 quando Diego Armando Maradona alza lo scudetto al cielo; è un’emozione indescrivibile, ma non è la prima volta che la sente sulla sua pelle.
Tre anni prima ha portato in Campania il primo storico campionato italiano, al fianco di calciatori come Giordano e Carnevale. Fidandosi dell’affidabilità di Renica e Ferrario. Credendo in Salvatore Bagni, che fu poi la goccia a far traboccare il vaso nel gemellaggio spezzato con i romanisti.
Da quel Napoli di Ottavio Bianchi, si passò a quello di Alberto Bigon che il 29 aprile del 1990 sconfisse la Lazio al San Paolo con la rete di Baroni alzando al cielo l’ultimo tricolore vinto. Fino a ieri.
Trent’anni fa, quando tutto era diverso. L’Italia si stava pian piano innamorando di un gruppo di quattro esordienti nel contesto musicale, i Pooh, che partecipando per la prima volta al Festival di Sanremo, fecero cantare a tutto lo stivale “Uomini Soli”, alzando al cielo il tradizionale Leone d’oro.
Un’edizione, quella, condotta da Johnny Dorelli e Gabriella Carlucci, che aiutò a far dimenticare agli italiani la scomparsa dell’ex presidente della Repubblica Sandro Pertini, passato a miglior vita solo quattro giorni prima, all’età di 94 anni.
Quell’anno è cruciale per un cambiamento storico avvenuto nel mondo, per quanto concerne l’equilibrio politico: in Sudafrica torna in libertà Nelson Mandela dopo 27 anni di carcere, mentre Gorbaciov apre all’occidente, inaugurando sulla Piazza Rossa il più grande Mc Donald del mondo.
Saddam Hussein, a capo dell’Iraq, invade il Kuwait, mentre in tutto il globo esplode la telefono-mania: nasce il primo cellulare in Italia, destinato a fare la storia degli anni successivi: è prodotto dalla Italtel, si chiama Rondine e pesa circa mezzo chilo. Con lui, esplode la moda degli orologi colorati in plastica, gli Swatch, che diventano il simbolo del decennio.
Ma nel nostro paese tutto questo si comprava con la Lira, moneta locale. L’Euro era ancora un simpatico (ma nemmeno troppo) presagio.
Gli aggiornamenti in Italia li raccontiamo ridendo, con la nascita di Striscia la Notizia, datata 1988, un programma di Antonio Ricci che si poneva dinanzi ai telegiornali come un format di informazione satirica e che nel 1990 darà vita al Gabibbo, il personaggio più irriverente della televisione nostrana. Striscia diverrà il programma più longevo della storia e tutt’ora va in onda su canale cinque.
Ma il 1990 è anche l’anno dell’indimenticabile Mondiale in Italia, quello delle Notti Magiche di Edoardo Bennato e Gianna Nannini. Quello che vedrà Diego Armando Maradona alzare al cielo l’ultima Coppa del Mondo vinta dall’Argentina.
L’ultima prima della tragica e prematura scomparsa del Pibe De Oro. L’ultima fino all’anno scorso, perché Lionel Messi è andato in Qatar per riportare a casa il fu trofeo Rimet, nell’anno in cui i napoletani sognano di tornare a vincere lo scudetto.
Sognavano, fino a ieri.
Perché oggi il commentatore lo dice davvero: Il Napoli è campione d’Italia.
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