Appena insediato e già alle prese con le polemiche-Var, ecco il primo commento del presidente dell’AIA in merito alla situazioni arbitri
Nella giornata di ieri è arrivata la notizia: con 260 voti su 310 Carlo Pacifici è il nuovo presidente dell’Associazione Italiana Arbitri; succede ad Alfredo Trentalange, dimessosi in seguito alla vicenda legata al caso D’Onofrio. Alberto Zaroli, invece, è il nuovo vicepresidente.
Dopo una carriera di arbitro in Serie A nella seconda meta’ degli anni ’90, Pacifici è stato vicecommissario Can D (1995-1997), poi presidente del Cra Lazio (2006-2009), commissario Cai (2009-2013), e commissario Can D (2013-2017). Dal marzo 2021 era componente del Comitato Nazionale Aia.
“Sarà un’avventura da vivere insieme – ha detto nel suo intervento dopo l’elezione Carlo Pacifici –. L’impegno forte e irrinunciabile di questa Associazione è quello di essere sempre inclusivi e dare a ciascuno opportunità, partendo dalle capacità e dalle competenze e mai dalle differenze. Abbiamo davanti a noi tante idee, progetti e traguardi da raggiungere insieme. Ma i progetti e le idee non possono prescindere dalla qualità delle persone che li portano avanti, dai valori che sostengono ogni iniziativa e dal lavoro di una squadra. Non possiamo infatti permetterci di trascurare nessuno, di perdere opportunità, di dimenticare competenze, professionalità ed esperienze. La squadra è l’AIA con i suoi 31.583 associati. È il tempo della responsabilità e dello scatto in avanti. Questo è il momento di scendere in campo tutti, nessuno escluso, per rafforzare il nostro essere Associazione”.
Si trattava di evitare uno scontro elettorale sul modello Trentalange/Nicchi, sottolinea La Gazzetta dello Sport, e l’obiettivo è stato raggiunto.Pacifici fissa la distanza, i prossimi 90 giorni, per indicare le priorità oltre alla lotta alla violenza: doppio tesseramento e «valore della tessera» per combattere la crisi di vocazione per la categoria; adeguamento dei rimborsi arbitrali «che sono fermi da anni», dice il neopresidente. L’idea è quella di una classe arbitrale più aperta. Ma senza rivoluzioni. «Intervistare un arbitro – dice Pacifici – non so che valore costruttivo possa avere. Ma siamo d’accordo nell’aprire canali di comunicazione, spiegare le nostre decisioni o i nostri errori è un obiettivo primario, non dobbiamo chiuderci a riccio».
Più attività social quindi, più approfondimenti pubblici su alcuni aspetti regolamentari, più incontri con gli operatori della comunicazione. Ma senza rischiare di entrare in qualche mischia polemica di fine partita. L’altra parola d’ordine è quella dell’alleanza con la tecnologia: «Dobbiamo convivere con la tecnologia, convinti che possa essere uno strumento utile per sbagliare di meno». Dopo il fuorigioco semiautomatico non ci sono altre svolte in vista, su cui comunque gli arbitri avranno una funzione di servizio. Il traguardo «è un protocollo comune per tutti quanti».
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