Nella fase più concitata della Champions League, Spalletti e Guardiola si pungolano a distanza: tanti discorsi, un solo obiettivo.
Non dire per fare. Il nuovo teorema della Champions. Tutti – o quasi – abbassano la voce per alzare i toni in campo: chiedere a Spalletti e Guardiola che hanno fatto dello scontro dialettico un must prima ancora di scendere sul rettangolo verde. Comincia l‘ex Barcellona quando gli chiedono del Napoli: “Non parlo di loro perchè sennò Spalletti si arrabbia: è molto suscettibile”. La risposta da Certaldo non tarda ad arrivare: “Quando parla Guardiola, mi devo alzare in piedi.
È uno di quelli che seguo assiduamente insieme a De Zerbi, per cui se attribuisce al Napoli dei meriti siamo ben contenti. Se poi ci mette in lizza per i vincitori, allora dico che noi non siamo quel tipo di squadra lì. Abbiamo fatto la storia, ora dobbiamo anche un po’ divertirci. Sperando sempre di poter parlare con Guardiola davanti a un buon caffè turco”. Tradotto: se va bene, ci vediamo in finale. Questo è il sottotesto di due grandi che fanno scuola senza dirlo, portano a casa fatti e risultati: non c’è posto per la diplomazia. O forse sì.
Spalletti e Guardiola, frecciatine e consapevolezza: la differenza della pretattica
Di sicuro non è il momento di sbilanciarsi. Loro non lo fanno, ma sono consapevoli che arrivati a questo punto può succedere di tutto. Una soglia di sbarramento calata nel momento in cui c’è da scegliere come porsi e cosa fare. Sicuramente non è ancora il momento di giocare a carte scoperte, ma è utile cominciare a far calare il velo di Maya che accompagna questi appuntamenti: il destino delle notti europee è imprevedibile, ma Spalletti e Guardiola ne hanno viste e vissute abbastanza per dire che arrivare tra le più forti d’Europa non può essere un caso.
Allora quel caffè turco augurato da Spalletti vale più di mille parole, perché da Certaldo in poi sperano nel sogno. Passando per Napoli, la patria del caffè, dove per una volta potrebbero fare un’eccezione e prenderlo altrove. In compagnia di Guardiola. Allora davvero tutto può essere possibile. Magari il problema è proprio questo: convincersene. Sia a Manchester che a Napoli.