Blanco, Noemi, PSY, Silvestri, Conidi. Alcuni degli artisti che si sono messi a servizio del calcio: valore aggiunto od occasione sprecata.
Se Vasco fa arrabbiare il Rimini perchè gli porta via lo stadio, non è perchè hanno chiuso improvvisamente il Roxy Bar. Il motivo è dovuto all’esigenza di fare concerti: talvolta musica e calcio sono poli opposti. I quali finiscono per attrarsi in altre occasioni: il Komandante resta un purista. Suona a San Siro, se serve, ma non c’è bisogno che gli faccia la grazia. Calcio e musica devono restare separati, anche per una questione scaramantica. C’è chi dice, infatti, che suonare all’intervallo di una partita sia controproducente.
Provate a chiederlo a quelli del Superbowl che, ogni anno, durante l’intervallo del match organizzano la qualsiasi. Esibizioni e numeri pirotecnici che valgono milioni di euro e sono – in qualche maniera – il momento più atteso. L’Italia non è l’America, a meno che non canti Gianna Nannini, e quindi prende le distanze da tutto questo. O meglio prendeva: da qualche anno, la musica allo stadio fa da padrone. I calciatori amano sentire alcune playlist nel riscaldamento.
Il cantante a centrocampo: le note stonate della passione
Brani che vengono trasmessi in filodiffusione all’interno dello stadio. Nessuno canta dal vivo, forse è proprio questo il valore aggiunto: l’idea di ascoltare una melodia senza troppe pretese. Soltanto per il gusto di scaricarsi. Esibirsi live, invece, durante l’intervallo di un match (o addirittura prima) nello Stivale può essere controproducente. L’effetto Superbowl – diciamo così – in Italia non è gradito. Chiedere a PSY che, nel 2012, ebbe la brillante idea di esibirsi allo Stadio Olimpico il 26 maggio prima del Derby di Coppa Italia Roma-Lazio.
Quella finale passò alla storia per il gol di Lulic, ma prima ancora per la cancellazione del tour in Italia da parte del coreano che rimase sconvolto dalla reazione del pubblico. Una bordata di fischi senza precedenti: l’atmosfera era tesa, i tifosi tutto volevano vedere tranne il balletto Gangnam Style. Di stile ne è rimasto poco in quel contesto. Non andò meglio qualche anno più tardi ad Arisa che sbagliò a cantare l’Inno d’Italia: sempre all’Olimpico i fischi si sprecarono. Anche in quell’occasione le scuse non bastarono.
Vogliamo parlare, invece, di Blanco? Il capocannoniere di rose per antonomasia, quando ha suonato per la Roma, il pubblico lo ha applaudito ma poi ha pregato si mettesse da parte perchè i tifosi – in tribuna e nelle curve – aspettavano solo la ripresa della partita. Anche se si trattava solo di un’amichevole. Lo Stivale non accetta i concerti prima, dopo e soprattutto durante una partita. Persino Silvestri ci ha provato: l’effetto di “Salirò” è stato completamente travisato. Molti avrebbero voluto scendere. Questione di gusti, tempi e soprattutto modalità. Venditti, quando ha vinto lo Scudetto la Roma, ha cantato. Ma era dopo.
Serie A e Superbowl, si può fare?
Il giorno successivo a Roma-Parma, quindi i tifosi hanno apprezzato, perchè non c’era nessun altra tensione emotiva. Restando nella Capitale, la prima a fare questo tipo di “esperimento”, non andò meglio a Giorgia che organizzò anticipatamente il concerto per la Lazio, ma poi lo Scudetto venne perso all’ultimo. Era alle porte del nuovo millennio, ma la scaramanzia rimase senza tempo. Ci riprova Noemi, oggi, prima di Roma-Barcellona femminile. Vale un posto in semifinale di Champions.
Scopelliti (così si chiama la cantante all’anagrafe) spera di aver trovato la sua “coppa” negli applausi del pubblico, ma i precedenti sono chiari. Il cantante a centrocampo stona, in tutti i sensi. A meno che non si tratti di una festa dopo il triplice fischio. Prima, dopo e durante, le persone preferiscono il silenzio. Gigi D’Alessio l’ha capito: farà un concerto per la vittoria dello Scudetto del Napoli. Non al Maradona, ma in Piazza del Plebiscito: gratuito. Le emozioni non vogliono soldi, ma solo applausi. Quelli che non sono riusciti a ottenere i suoi colleghi, perchè – purtroppo o per fortuna – il calcio non è il Superbowl.