L’estremo difensore nerazzurro si è raccontato in uno speciale in onda su Dazn: ecco le sue parole e le rivelazioni
Dopo il brutto ko di ieri a La Spezia, l’Inter dovrà provare a rimediare a queste prestazioni altalenanti che hanno caratterizzato fin qui la stagione. I nerazzurri si trovano al momento secondi in classifica, ma con una distanza abissale dal Napoli capolista (con una gara in meno, momentaneamente, gli azzurri hanno 15 punti in più). Inzaghi ed i suoi sono di nuovo al centro delle critiche dei tifosi, sia per le scelte tecniche che per le prove messe in campo. Se in questo campionato, fin qui non troppo entusiasmante, i sostenitori dell’Inter a più riprese hanno evidenziato le prestazioni deludenti di alcuni, c’è anche chi si è ritagliato uno spazio nella rosa, come Onana.
L’estremo difensore interista infatti, stando alla gerarchie, ha davanti a lui un nome del calibro di Handanovic, ma è comunque riuscito a strappare numerose titolarità, con Inzaghi spesso combattutto su chi schierare tra i pali. Proprio il portiere dell’Inter è il protagonista della nuova puntata di ‘Culture‘, format di Dazn, e si racconta a 360° partendo dal suo passato e arrivando all’approdo in nerazzurro: “Il primo incontro con Handanovic? Ci siamo salutati tranquillamente, mi ha detto ‘benvenuto’. Io già lo conoscevo, non so se lui conoscesse me. Mi sta aiutando molto. Però quando ci siamo visti la prima volta mi ricordo il suo volto: serio. Io e lui siamo diversi sotto questo punto di vista perché io sono allegro, mi piace cantare, chiacchierare. Lui invece è molto calmo“.
Onana: “Avrei fatto il poliziotto”
“Vengo da una famiglia umile – ha rivelato Onana – e non facevo molto altro se non svegliarmi, fare colazione e andare a lavorare nei campi. Ricordo che ero molto piccolo quando vivevamo a Nkol Ngok e vicino casa passavano dei treni. Dovevamo attraversare i binari e camminare per 40-50 minuti fino a raggiungere il lavoro“.
“Avevo quattro fratelli – prosegue -, il più grande è morto e io sono il più piccolo. Kristian, uno di loro, giocava come portiere, e io lo accompagnavo sempre portandogli la borsa. È così che mi sono innamorato del ruolo“. A Yaoundé, dove si trasferì in adolescenza, ha iniziato a prendere forma il sogno di diventare un calciatore. “Altrimenti – ha confessato – avrei fatto il poliziotto, perché mi piace proteggere“.