FIFA, il nuovo Codice Etico mette al centro la trasparenza: le regole principali sono atte a salvaguardare abusi e irregolarità.
Il Mondiale in Qatar ha aperto un capitolo nuovo in termini di etica e presenza. La FIFA non può evitare di interrogarsi su quanto avvenuto in Medio Oriente. Centinaia di manifestazioni in favore dei diritti umani e contro gli abusi reiterati su chi ha lavorato (e non solo) affinché il Mondiale potesse avere luogo. Infantino – numero uno dell’Associazione – ha dovuto difendersi dalle accuse di intolleranza (per usare un eufemismo) e di negligenza rispetto alle tematiche correlate che poco a che fare hanno con lo sport, ma entrano a gamba tesa nel dibattito.
Terminata la manifestazione, Infantino e soci si sono messi al tavolo delle trattative e hanno affrontato il problema del Codice Etico: in primis per cercare di arginare problemi ancora presenti come quelli degli abusi e poi per affrontare la possibilità di rifarsi su eventuali scoperte di raggiri o trucchi relativi ai match. La piaga delle scommesse e dei ricatti morali è ancora fortemente presente in questo ambito tanto bramato ed egualmente divisivo.
FIFA, Infantino riparte dal nuovo Codice Etico
Pertanto abusi, violenze e sfruttamenti sessuali non saranno più soggetti a prescrizione decennale. Anzi, gli atleti che restano vittime di tali atteggiamenti saranno incentivati a denunciare. Lo stesso vale per gli altri tipi di reato sportivo. Sulle questioni legate a partite truccate e misfatti di vario genere è stata nominata la qualifica di un esperto di integrità indipendente che, se vogliamo, è simile al delegato anti-corruzione nel Governo. Quest’ultimo avrà il compito di fare da raccordo nelle varie fasi della Giustizia Sportiva, oltre ad esercitare un potere di controllo e “sorveglianza”.
L’occhio della FIFA si fa più vigile e, se possibile, meno transigente. Il Mondiale ha segnato un punto di non ritorno: spartiacque fra prima e dopo. Gli addetti ai lavori e le autorità hanno deciso da dove ripartire, con Infantino capofila che ci mette la faccia sperando di ritrovare quella “nobiltà” di intenti che, per molti, sembrava essersi smarrita. Quel che è accaduto in Arabia non viene dimenticato, proprio per questo fare qualcosa era doveroso: un primo passo che, però, ripaga solo in parte gli “scivoloni” di ieri. Il percorso è ancora lungo con l’auspicio di non inciampare nuovamente: il prezzo della diplomazia è troppo alto se in ballo c’è l’incolumità di un popolo.