Zaniolo sembra sottotono nelle ultime apparizioni con la Roma, le cause di questo calo di rendimento potrebbero essere non solo fisiche.
Zaniolo, da idolo a zavorra. La metamorfosi del talento di massa nel giro di pochi anni, all’ombra del Colosseo, è palpabile: tanto cuore, piedi buoni, qualche incidente di percorso (due infortuni per altrettante riabilitazioni), ma non basta. Il numero 22 giallorosso tradisce le aspettative: lo scorso anno ha giocato poco segnando il gol che ha portato a Roma la Conference League.
Suo il sigillo contro il Feyenoord nella finale di Tirana. Sembrava l’inizio di una rinascita, invece il secondo anno con Mourinho è partito male ed evoluto peggio: contro Milan e Genoa due partite fotocopia. Non all’altezza dei suoi standard: nervoso, statico, asfittico, fuori dal gioco giallorosso. In attacco qualche problema di troppo per i giallorossi, uno sicuramente è come usare Nicolò Zaniolo.
Domande che Mourinho si pone continuamente, nel frattempo chiede alla piazza di non fischiarlo: richiesta ignorata, i motivi sono anche legati a un rinnovo che non arriva in cui premono più le pretese che l’ambizione. Tutto questo, sommato all’incertezza tattica, fa una stagione a metà. L’unica variabile a favore di Zaniolo è il tempo che deve, però, essere speso bene. Senza ripensamenti e con le idee chiare: se il problema non fosse solo di testa, ma tattico allora i punti su cui agire sarebbero diversi. Ci sarebbe anche più margine di riflessione.
Zaniolo – e questa è una certezza – dopo gli infortuni è cambiato notevolmente sul piano fisico: tanti i chili presi e non per mettere adipe. Tutta massa, troppa. Muscoli a non finire: gambe che sembrano i vagoni di una locomotiva. Restando in tema di treni, forse Zaniolo potrebbe fare proprio questo: il treno giallorosso. Non ai livelli di “pendolino” Cafù – la sua area era la difesa – ma quasi. L’idea è simile. Il punto di partenza è sfruttare la sua arma in più: le sgroppate palla al piede per poi depositare l’assist vincente o cercare di accentrarsi. Stando in attacco, anche come trequartista dietro Abraham – con Pellegrini a supporto – non sempre gli è concesso: deve girarsi e trovare lo spazio non è semplice.
Per questo, spesso, risulta prevedibile. Investe tanta energia, ma diventa uno spreco anziché un valore aggiunto. Perennemente ingabbiato quando potrebbe sfogare la propria potenza di gamba facendo un semplice cambio di zona con El Shaarawy: l’esterno di centrocampo diventa il numero 22, mentre il 92 passa in attacco. L’esterno offensivo gli riesce bene, le tante soddisfazioni che il ruolo gli ha dato nell’era Spalletti e prima ancora al Milan lo confermano. Il futuro della Roma potrebbe risiedere in un semplice switch per evitare che i cambi poi li faccia il mercato.
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