Il trionfo delle idee e del lavoro

Il Napoli demolisce la Juventus per 5-1, allungando di 10 punti in classifica sui bianconeri reduci da 8 vittorie consecutive. Il sogno Scudetto dopo oltre 30 anni continua

Era difficile immaginare una serata più bella di questa per centinaia di migliaia di tifosi napoletani, eppure quanto visto allo stadio Diego Armando Maradona, è la dimostrazione che i sogni si possono realizzare. Con il duro lavoro e con le idee, prima o poi, si riesce ad ottenere tutto, anche i risultati più impensabili. Sia chiaro, non perché non era possibile battere questa Juventus, ben lontana dai fasti di un tempo, nonostante le recenti 8 vittorie consecutive senza subire gol, ma perché la Vecchia Signora ha rappresentato per anni una bestia nera, è ancora oggi la storica rivale, e perché il Napoli nella sua storia aveva segnato solamente in due circostanze 5 reti contro i bianconeri, nelle stagioni 1988-89 e 1990-91.

Napoli-Juve editoriale
Il Napoli in festa (TVPlay.it)

In una città dove la scaramanzia fa spesso da padrona, il “venerdì 13” come giornata per disputare una partita così sentita, aveva già fatto presagire il peggio. Così come la presenza di un ex dal dente avvelenato come Arkadiusz Milik, che per tutti avrebbe preso le sembianze di Gonzalo Higuain, pronto a purgare gli azzurri, magari di misura e nei minuti finali.

Napoli-Juventus, dominio azzurro: Osi e Kvara inarrestabili

Nulla di tutto questo, in una giornata vissuta in città con un’adrenalina che non si respirava da tempo. Una delle immagini più belle, dopo una settimana di polemiche legate anche agli scontri tra tifoserie (fortunatamente clima del tutto sereno all’esterno dello stadio Maradona ndr), è quella di due bambini intenti a giocare con un pallone poco dopo l’orario di scuola. Uno dei due indossa la maglia del suo nuovo idolo Khvicha Kvaratskhelia e urla in dialetto napoletano che gli azzurri avrebbero distrutto la testa della Vecchia Signora bianconera.

Osimhen e Kvaratskhelia festeggiano
Osimhen e Kvaratskhelia

Mai pronostico fu più azzeccato. Perché quanto visto al Diego Armando Maradona è stata un’esecuzione sportiva. L’approccio famelico del Napoli nei primi 15 minuti ha mostrato a tutti come le parole di Luciano Spalletti alla vigilia fossero state perfette. Gli azzurri sapevano di non poter tenere un finto profilo basso come la Juventus, erano e sono pur sempre la capolista, ma senza dover ingigantire il peso del match, senza dover soffrire di una pressione eccessiva.

Detto-fatto, in meno di un quarto d’ora la coppia Kvaratskhelia-Osimhen fa impazzire la Juventus, con una volé straordinaria del giorgiano, respinta da Szczesny, ed il colpo di testa del nigeriano per il suo undicesimo gol in Serie A (a fine serata saranno dodici). Allegri, in conferenza stampa, aveva ammesso di non aver ancora deciso come prendere le misure intorno a Kvara, mentre, qualche giorno prima, Bremer aveva annunciato di sapere perfettamente come marcare Victor. La prima dichiarazione, che sembrava a tutti solo pre-tattica, si è dimostrata un’assoluta verità, la seconda è invece invecchiata veramente male.

Il brasiliano, arrivato dal Torino, ha vissuto la sua peggior serata da quando è approdato in Italia, come dimostrato dal secondo gol realizzato dagli azzurri. Un lancio dalla destra di Politano, che il brasiliano liscia quasi del tutto, purtroppo per lui quel “quasi” è una deviazione che basta a Victor Osimhen, famelico nel gettarsi su ogni pallone, a servire un Kvaratskhelia dimenticato per la seconda volta da un inadatto Chiesa e perfetto nel realizzare il 2-0. In meno di 45 minuti l’imbattibilità juventina ed il castello di carte inventato in 8 partite è crollato impietosamente.

Pochi minuti dopo, alla Juventus, è servito il colpo di un fuoriclasse, che meno di un mese fa era decisivo in una finale Mondiale: Angel Di Maria. E’ l’argentino, che aveva colpito anche una traversa prima della furia azzurra, ad inventarsi una serpentina che frutta il gol del momentaneo 2-1 dopo una serie di rimpalli e la sponda dell’ex Milik. Allo scadere una deviazione di Rrahmani costringe Meret al miracolo, in quello che è apparso come uno scampato pericolo gigante, che in altre circostanze si sarebbe potuto trasformare in un clamoroso 2-2, specie per quanto visto in campo fino a quel momento.

Il Napoli umilia la Juve: Spalletti travolge Allegri nel secondo tempo

Tra gli spalti spunta quella sana paura, perché la Juventus, specie quella di Max Allegri, non muore mai. Al ritorno in campo, però, la squadra di Luciano Spalletti si trasforma nella sua versione migliore. Come un personaggio degli anime che sa trasformarsi, acquisendo ancora più forza, il Napoli approccia al secondo tempo con un’energia impressionante, mettendo in pratica tutte le idee di un fenomeno da Certaldo. Il duro lavoro che spazza via la casualità.

Napoli-Juve
I giocatori del Napoli che esultano (TVPlay.it)

E’ il Napoli versione Champions, quello che ne ha rifilati 4 al Liverpool e 6 all’Ajax. Non può esserci più storia per la Juve, costruita su una serie di 1-0 spesso fortunosi. Rrahmani, fin lì peggiore in campo per gli azzurri, trova da calcio d’angolo la rete più importante della partita, dopo 10 minuti dall’inizio della ripresa, che taglia definitivamente le gambe alla Juventus e che fa sparire ogni ansia in casa partenopea.

Da quel momento è l’apoteosi del gioco azzurro, con un Lobotka sontuoso (prontissimo per un club come Real Madrid o Manchester City), un ritrovato Di Lorenzo, uno straordinario e applauditissimo Mario Rui (tra i giocatori meglio rivitalizzati da Spalletti) e due devastanti attaccanti come Kvaratskhelia (capolavoro di Giuntoli) e Victor Osimhen (scommessa definitivamente vinta da Luciano). Questi ultimi in grado di chiudere definitivamente la pratica, con un assist splendido del primo, per l’ennesimo colpo di testa del secondo. Quella che è diventata una specialità del nigeriano, come chiesto da Spalletti prima dell’inizio della stagione. Chiude la pratica, per la “manita”, Elmas, terzo miglior marcatore degli azzurri e autore del quinto gol in campionato.

E’ un trionfo, un tripudio assoluto in una cornice di pubblico straordinaria ed emozionante. E’ la vittoria del duro lavoro, quello che a Napoli è iniziato quasi 20 anni fa quando Aurelio De Laurentiis ha raccolto le macerie di un club fallito e con i giusti investimenti e senza alcun dubbio sui bilanci, ha saputo portare nei migliori palcoscenici. Il duro lavoro di ogni dirigente, direttore sportivo, per ultimo il già citato Giuntoli e di quasi ogni allenatore che si è seduto su quella panchina bollente dal ritorno in Serie A.

L’ultimo in ordine cronologico, Luciano Spalletti, un talento assoluto quando si tratta di proporre idee e applicarle. Un allenatore, a differenza di quello che Max Allegri dice di essere, che ha saputo prendere una squadra non più brillante come quella di Maurizio Sarri, e renderla una macchina ancora più bella. Napoli è consapevole che non è finita, il cammino è ancora lungo e le insidie si nascondono dietro l’angolo. Ogni partita sarà una finale da qui a giugno. I tifosi restano con i piedi per terra, è finito il tempo delle illusioni e delle non vittorie festeggiate anzitempo. Un’intera città sogna, ma lo fa con maturità, per sperare, tra 5 mesi, di poter toccare il cielo con un dito.

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