Lecce-Lazio è racchiusa nelle lacrime di Umtiti: il calciatore giallorosso vittima di ululati razzisti, la storia si ripete e non è bella.
Lecce-Lazio è una partita che offre molto dal punto di vista del gioco, ma viene ricordata in primis per un episodio increscioso. Il razzismo negli stadi: tema controverso che si ripropone da anni. Piaga presente non solo in Italia, ma nel nostro Paese la situazione è più critica perchè gli episodi a sfondo razziale potrebbero essere quasi più di quelli da moviola. Balotelli, Lukaku, Kean hanno in comune – oltre il grande talento – l’esser stati presi di mira da tifoserie di vario tipo.
Contestare è una cosa, insultare è un’altra: al Via Del Mare contro la Lazio è toccato anche a Umtiti. Il campione, attualmente a Lecce, esce dal campo in lacrime. Motivo: il difensore dei giallorossi viene travolto da una bordata di fischi. Non ha giocato male. La sua “colpa” è soltanto quella di avere una carnagione diversa. Vessato continuamente per ragioni etniche. Al pari dei colleghi che, ormai, devono convivere con un determinato trattamento. C’è anche, però, chi dice basta: chi si ferma, chi imita – in un certo senso – Balotelli che si blocca a gara in corso per far smettere i provocatori. “Nessuna pietà nel denunciarli”, disse. Così Umtiti che, però, non reagisce. Non trattiene le lacrime quando avrebbe voluto far qualcos’altro.
Lecce-Lazio, torna l’onta del razzismo: perché dopo Umtiti non si può più tacere
Il razzismo negli stadi non c’è da oggi, ma viene sempre in qualche maniera preso sottogamba: ridotto a mera goliardia quando, ormai, non fa ridere più nessuno. Le società e la Lega sono chiamati a prendere decisioni più severe. Anche perchè le limitazioni – per chi viene individuato a comportarsi in modo becero – sono ben poca cosa rispetto alla reiterazione della tendenza che va smorzata immediatamente.
Ogni volta sembra di aprire il vaso di Pandora perché prendere in esame la questione è complicato: oltre alle pene occorrerebbe capire la deriva che stanno prendendo certe attitudini. Il razzismo non può e non deve attecchire sul campo: le lacrime di Umtiti sono come un monito. Più il problema è grande e maggiormente si tenta di sfilarlo dalla lista delle priorità.
Il disappunto di Fiona May
Una situazione che aveva già portato alla luce la campionessa Fiona May: “Avevo già provato a sollevare questo tema quando lavoravo in FIGC, ma era chiaro già da tempo che nessuno vuole approfondire il tema del razzismo negli stadi”. Le lacrime sono la conseguenza, ma il retaggio è culturale: nel tempo sono state promesse possibilità di andare in fondo per cercare di mettere un freno. Non colte a dovere proprio perché gli ululati allo stadio vanno in crescendo. Non resta, dunque, che parlare di rieducazione, ma la strada è lunga.
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Oltre a fermare le partite – Fiona May aveva proposto la squalifica e radiazione di chi perde ogni remora andando contro quelli che sono i diritti fondamentali: rispetto per tutti, anche per chi al posto dei fischi celebra gli applausi. Nella speranza di non dover tornare più su argomenti del genere perchè in primis non aggiungono né tolgono nulla all’andatura del match, ma squarciano – in taluni casi – un passato burrascoso. Il calcio è una questione di dettami che vanno adottati anche – e in particolare – in tribuna per poi arrivare fino in panchina. La voce scomoda del pallone non deve prevedere ululati, ma comprendere le esigenze di un mondo che cambia. Andare oltre l’ovvio che, poi, così scontato evidentemente non è. Parlarne è bene, combatterlo (l’intolleranza) è meglio.