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Maradona e Pelè, la solitudine dei numeri primi: l’altra faccia del dolore

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Andrea Desideri

Maradona e Pelè, un mese e due anni di distanza, nemici (sportivi) anche nel dirsi addio: come si spegne un simbolo.

Correva l’anno 2005, “La noche del 10” – trasmissione con Raffaella Carrà alla conduzione – li mette di fronte. Uno contro l’altro, per gioco: Maradona e Pelè, eterna diatriba per segnare un’epoca. Chi è il più forte? La domanda da un milione – o forse più – di dollari a cui sembra ancora oggi impossibile trovare risposta. Anche se le domande, dopo la morte di ‘O Rei, sono tante altre e prescindono (una volta tanto) dalle solite riflessioni esistenziali che con il concreto hanno poco a che fare.

Maradona e Pelè, la fine di un’era (ANSA)

Ci si concentra, esclusivamente, sul trapasso. Una situazione che coinvolgerà chiunque, anche quelli più umani, ma quando capita a due semidei come loro qualche domanda viene spontanea. Così diversi, ma comuni nel talento fuoriscala. Le gesta resteranno, ma la diversità di due campioni sta anche nell’elaborazione di un lutto. Sono passati due anni da quando è morto il Pibe de Oro. Il dolore è ancora fresco, e non si tratta di rassegnazione a qualcosa che è ineluttabile, è proprio disperazione laica che vede ancora le maglie numero dieci essere trattate alla stregua di una reliquia. Maradona, talentoso e anticonformista, Pelè incommensurabile ma più posato. Gradito ai vertici. Maradona spina nel fianco di Fisco, UEFA e FIFA.

Maradona e Pelè, due opposti attratti dal talento: la classe in risposta alle avversità

Opposti che si sono attratti per gioco, dalla Carrà, un altro pizzico d’Italia oltre al Napoli per Dieguito, dove hanno provato a sotterrare l’ascia di guerra. Competizione sportiva e mediatica che non lascia vincitori, ma solo vinti: coloro che speravano di poter contare su due fuoriclasse apparentemente senza tempo ancora un po’ e, invece, devono fare i conti con la perdita. Molto diversa dall’assenza. Qualcosa che è assente non c’è mai stato, quindi dà adito alla rassegnazione. La perdita, invece, sa essere devastante perché mette alla prova con la mancanza.

Due fuoriclasse stretti nell’eternità (ANSA)

Maradona e Pelè mancheranno in maniera diversa anche e soprattutto per come se ne sono andati: uno nell’abbraccio intimo e toccante della famiglia, l’altro solo. Senza speranza ma con ancora tanta voglia di vivere e un senso di irrisolto che attualmente agevola inchieste. Necessità di chiarezza (sulla morte) da una parte, serenità e rappacificazione dall’altra. Nonostante questa dicotomia intima, l’amore per Diego – in particolare a Napoli – resta unico. Pelè, invece, in Italia passa di sfuggita. Una spolverata di talento che sembra quasi mutevole e intoccabile. Maradona è amato perchè ha sempre saputo mostrare le proprie fragilità con orgoglio. Cosa che ha provato a fare anche Pelè, ma la sua aura di “ineffabile leggerezza” lo rende aleatorio.

Come una carezza nel vento: c’è e ristora. Nonostante il vuoto che lascia. D10s, come lo chiamano ad Acerra e non solo, invece resta ancora. Malgrado tutto, con tutti i suoi sospesi che – non a causa sua, perchè ha dato il massimo che poteva – potrebbe portare nuovamente come un fardello da rivendicare con orgoglio ovunque sia. Un umano dalle sembianze divine. La Perla Nera, invece, resta un gioiello. Impossibile guardarlo da vicino per quanto brilla. Proprio questa apparente “lontananza” l’ha reso irraggiungibile. Al pari di Diego che gli ha fatto sentire il fiato sul collo. Quello che oggi risparmiano gli altri, celandosi dietro le lacrime più profonde. Le stesse che per Maradona ha versato solo il pubblico mentre gli affetti più cari le ricacciavano in gola.

Andrea Desideri

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