Pelè è morto all’età di 83 anni, ponendo fine ad un’era molto importante per il calcio mondiale. C’è da rendere omaggio a chi lo scopri.
Pelé, pseudonimo di Edson Arantes do Nascimento, uno dei migliori calciatori al mondo che hanno contraddistinto il gioco del calcio per calcio, potenza e voglia di vincere. E’ morto all’età di 83 anni, dopo esser stato per anni una leggenda del Brasile, del calcio brasiliano e di tutto il mondo. In ogni parte del globo, si è sempre parlato delle sue gesta e, con qualsiasi calciatore lo si sia paragonato, ha sempre vinto lui per la sua immensa classe.
Il Mondiale vinto a Messico 70, così come quell’accarezzare l’idea di giocare in Italia: Pelé è stato anche questo. Un trascinatore, un leader, sognato da molti e che solo in pochi hanno avuto il privilegio di vederlo dal vivo anche con la maglia del club. Un calciatore straordinario, che fece innamorare Angelo Moratti, all’epoca presidente dell’Inter, che avviò subito la trattativa senza successo. Peccato che O Rei l’anno dopo affrontò a San Siro i nerazzurri e vinse con il suo Santos per 4 a 1.
Pelè, chi lo ha scoperto?
Se O Rei ha incantato tutto il mondo e ha fatto vincere il Brasile, il merito è di Waldemar de Brito, ex attaccante di São Paulo da Floresta, San Lorenzo d’Argentina, Palmeiras, Flamengo, Botafogo e della Nazionale brasiliana. Un calciatore straordinario, nato nel 1913, capace di segnare almeno 25 gol a stagione, dimostrandosi uno degli attaccanti più cinici e spietati dell’epoca. Un calciatore meraviglioso ma anche altrettanto sfortunato con la Nazionale. Ebbene sì, Waldemar fu colui che partecipò al Mondiale del 1934 in Italia e sbagliò il primo calcio di rigore nella storia di questa competizione contro la Spagna, consentendo a quest’ultima di accedere ai quarti di finale.
Con lui in campo, le squadra hanno quasi sempre vinto. Oltre però ad essere un grande calciatore, Waldemar de Brito ha dimostrato di essere anche un grande osservatore. Infatti, nel 1954, quando dirigeva il Bauru Atlético Clube scoprì Pelé e due anni dopo lo portò al Santos. Alla presentazione del giovane e gracile brasiliano, l’allenatore del club, colpito dal talento del giocatore disse: “Sarà il più grande del mondo”. In effetti, così fu e colui che lo scoprì, è stato per anni il suo padre putativo, la sua guida, sia nel club che nella Nazionale, sostenendolo e indirizzandolo in ogni momento della sua carriera fino a quando non morì nel 1979.