Ines Rau, fidanzata di Mbappè, è transgender: lei esce allo scoperto. Lui non conferma, né smentisce. Perchè una scelta simile fa scalpore.
Ines Rau non è solo gossip, né tantomeno le scelte di Mbappè – in questo caso – sono soltanto opportunità mediatiche. La donna esce allo scoperto: parla del proprio periodo di transizione, ammettendo che ha vissuto momenti non facili e il giocatore la accetta per quella che è. Si vogliono bene, forse è troppo presto per dire che sia amore, ma comunque il coinvolgimento c’è. Anche da parte degli utenti che, non appena sentono parlare di transgender, vanno fuori controllo: sui social è una ghettizzazione continua nei confronti di Kylian e la sua dolce metà.
Commenti inopportuni, definizioni che classificare come desuete sarebbe un eufemismo, tutta l’amarezza possibile è stata espressa in questi giorni. Oltre il danno la beffa – non solo dall’Italia – per Mbappè: Mondiale sfumato e gogna mediatica. Quello che ha fatto Ines Rau è rivoluzionario: portare all’attenzione di tutti cosa significa sentirsi donna in un corpo di uomo e avere l’esigenza di cambiare. Alla base ci sono motivazioni più profonde delle semplici parole che andrebbero approfondite, non rispetto alla sfera emotiva, quella è personale e variegata a seconda di carattere e approccio, ma tramite quella concreta e individuabile in una serie di passaggi che sottintendono dati e costi.
Cosa significa essere transgender oggi? Una montagna da scalare con apparentemente meno tabù, ma più ignoranza perchè non importa se sei – come nei caso di Ines Rau – una modella stimata e apprezzata a livello internazionale (al punto da essere scelta da Playboy per posare in copertina, lei la prima transgender a farlo) per alcuni sarai sempre un oggetto misterioso. Non c’è bisogno di mettere etichette, ma neppure porre veti e definire ostacoli che queste personalità – più o meno famose – incontrano all’ordine del giorno.
Loredana Monti, scrittrice e attivista transessuale, affronta questi temi quotidianamente e li chiarisce in alcuni manoscritti che spiegano – comprensibilmente – come sarebbe opportuno (anche a livello di stampa) approcciare con determinate argomentazioni rispetto alla natura ormonale ed emotiva di determinate personalità: in primis l’attivista pone l’accento sui termini. “Transgender è un termine ‘cappello’, che include le varie terminologie ed è la parola da usare per essere sicuri di non sbagliare. Nello specifico, però, Transessuale è una persona che ha intrapreso il percorso per adattare il proprio corpo alla propria identità sessuale, di solito con una terapia ormonale e, non necessariamente, con operazioni chirurgiche”.
Quindi con l’espressione transgender si dice tutto e niente, occorre – per rendere giustizia e rilevanza a tutto questo – affermare che “esistono transessuali MtF (coloro che hanno effettuato una transizione da uomo a donna come per Ines Rau) e transessuali FtM (coloro che hanno scelto di diventare a tutti gli effetti uomo”. Fermo restando che non tutti riescono a determinare completamente la transizione: cambiare, anche se per alcuni è un istinto naturale, richiede cure ormonali piuttosto impegnative e anche dolorose.
Senza contare le spese per intraprendere questo tipo di percorsi. Ines Rau comincia a incamerare qualche guadagno concreto, ma non è sempre stato così. Ecco perché poi chi non riesce nella moda si dedica ad attività meno piacevoli come la prostituzione: “Devono trovare sostentamento ed è l’unico mestiere che consente certe cifre e poche implicazioni dal punto di vista burocratico – sostiene Monti – ma non è tutto oro quel che luccica”.
Altri tipi di rischi, infatti, sono all’ordine del giorno: qualche numero; in Italia, ci sono state ben 32 uccisioni di transessuali: il 62% di questi erano prostitute. Negli ultimi nove anni, la percentuale mondiale di omicidi sale ulteriormente: 2609 transgender hanno perso la vita in strada, dopo aver subito aggressioni e ricatti di ogni tipo. Persone come Ines, ma meno conosciute, che rischiano la vita solo per poter riuscire ad essere sé stesse. Diventare quello che hanno sempre sentito di essere, pur non avendo apparentemente modo e possibilità se non attraverso illeciti o contropartite troppo elevate.
Ecco perché l’esempio e la forza di Ines Rau, ma anche di Loredana Monti che affronta tutto questo nell’opera racconto “Diario di una trav”, dovrebbero essere enfatizzate anziché derise. Rau, con la propria celebrità, sta cercando di abbattere uno steccato che purtroppo ancora c’è. Ma si può debellare, partendo anche da una cosa semplice come può essere l’affetto condiviso dopo una finale Mondiale. Dietro c’è molto di più e, forse, Kylian Mbappè ha vinto qualcosa di più importante: il pregiudizio e la reticenza delle persone. Non basta, ma è un inizio. La fine è ancora da scrivere, nella speranza di un epilogo diverso dal solito e se possibile più rassicurante.
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