L’Argentina vince il Mondiale e Buenos Aires diventa una bolgia. Un morto accertato e diversi feriti: la situazione nelle zone più critiche.
L’Argentina vince e convince, è possibile ancora sognare. Ma dopo un Mondiale vinto il risveglio può diventare amaro: la macchia sui festeggiamenti – non si vedeva un successo del genere da 36 anni – è la certezza nefasta di due morti nel corso dei caroselli. Incidente, casualità, sfortuna. Questo è quello che continuano a chiedersi tutti, nel mezzo delle strade di Buenos Aires divenuta un fiume Albiceleste con i giocatori stretti in un abbraccio viscerale. L’obelisco della piazza centrale preso d’assalto: città piena in ogni ordine di posto. Lo stesso anche nelle province adiacenti.
Tutta l’Argentina è in festa, ma qualcuno ride meno. Un giovane resta senza vita per essere rimasto impigliato nella bandiera della Seleccion incastrata a sua volta nelle ruote della moto: gli ha fatto da cappio, non c’è stata possibilità di salvarlo. Morto sul colpo per strozzamento. Il timore negli occhi degli altri, lo sgomento durante la festa: moto lasciata senza possibilità di recupero. Proprio come la vita di quel giovane (Sebastian Oscar Maciel, 22 anni) che probabilmente non si sarà neppure accorto di quel che stava succedendo.
L’immediatezza e brutalità dei fatti lo ha impedito: il ciclomotore un’Honda XR dalle parti di Bahia Blanca, provincia di Buenos Aires, ma sempre nel vivo della festa. 400 miglia a sud della capitale, ma il decesso ha scosso chiunque. Purtroppo non è l’unica dipartita: la seconda vittima ha perso la vita mentre si arrampicava su un palo con in cima la bandiera Albiceleste. Schiacciato dal proprio peso mentre il perno si piegava e l’uomo rimaneva esanime sotto con il corpo provato e senza più possibilità di sopravvivenza.
Effetto boomerang della felicità: la folla si riversa per le strade senza apparente pericolo, ma diventa tutto più difficile quando occorre gestire tanta follia. Anche se sana. Questi tifosi non sono pazzi, restano innamorati: incidenti, infatti, non se ne registrano. Pochi scontri, qualche ferito e due vittime accertate sinora. Casualità dettata dalla voglia di strafare che spesso regala qualche rischio di troppo, riservando la peggiore delle conseguenze. L’Argentina di questi giorni ricorda quanto il confine tra felicità e dramma sia davvero labile e tutto possa cambiare in un attimo: i sorrisi diventano lacrime, ma stavolta non si commuove nessuno.
Solo grande spavento e tanti interrogativi aperti che tengono banco anche dopo 90 minuti. Parlare di contenimento in questi casi è difficile come tirare in ballo l’organizzazione: un fiume Albiceleste ha travolto d’affetto anche il pullman dei giocatori. Le strade non sono altro che una conseguenza di questo vulnus. L’impresa resta spiegarlo – per chi dovrà farlo – alle famiglie delle vittime. Le quali, sicuramente, questo Mondiale lo ricorderanno per sempre ma la felicità ormai sarà chiusa in un angolo dell’anima. Magari su una nuvola, Albiceleste anche quella, pensando a cosa sarebbe potuto accadere con un attimo in più. La speranza è dura a morire, proprio come i rimpianti.
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