Deschamps ha nel mirino il record di Vittorio Pozzo. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul Ct bicampione del mondo
Ormai ci siamo. Il conto alla rovescia è agli sgoccioli. Domani, alle ore 16.00, all’Icocic Lusail Stadium di Doha, andrà in scena la finale dei Mondiali che vedrà opposte l’Argentina e la Francia.
Una sfida, secondo le aspettative di tifosi e opinionisti, che vivrà soprattutto del confronto a distanza tra le due stelle, Leo Messi e Kylian Mbappè, che, oltre al titolo mondiale, si contendono anche il trono di più forte giocatore del mondo nonché quello di capocannoniere della competizione (entrambi sono appaiati a quota 5 gol).
Eppure, il match ha un significato particolare anche per il Commissario tecnico dei francesi, Didier Deschamps, che in caso di vittoria uguaglierebbe un mito del calcio italiano, e non solo, come Vittorio Pozzo, l’unico Ct ad aver vinto due edizioni consecutive dei Mondiali, 1934-1938, inframmezzate dall’oro olimpico, nel 1936, conquistato con una squadra di under 21. A beneficio dei giovanissimi, di seguito un ritratto del Commissario tecnico italiano più vincente.
Mondiali, Vittorio Pozzo: in 19 anni non fu mai pagato
Nato a Torino il 2 marco 1886, Vittorio Pozzo combatté nella Prima Guerra Mondiale come ufficiale degli Alpini. Calciatore con esperienze anche in Francia, in Inghilterra e Svizzera con la maglia del Grasshoppers, in Italia militò per 5 stagioni nelle fila del Torino.
Terminati gli studi e perfezionata la conoscenza delle lingue straniere, in particolare quella inglese (approfondì le metodologie di allenamento assistendo a quelli dell’Arsenal e di altre squadre inglesi), Pozzo entrò alla “Pirelli”, diventandovi successivamente dirigente, da cui si dimise per assumere l’incarico, nel 1929, dopo una breve parentesi alle Olimpiadi del 1912, di Commissario unico della Nazionale ponendo come condizione quella di non venire retribuito. Con Pozzo in panchina, fino al 1948 quando un’umiliante sconfitta casalinga contro l’Inghilterra per 0-4 ne determinò le dimissioni, l’Italia disputò 88 partite con un bilancio di 60 vittorie, 16 pareggi e solo 11 sconfitte.
Dal momento che la sua esperienza alla guida della Nazionale coincide con il Ventennio, per anni la figura di Pozzo è stata associata al fascismo, tanto che proprio per tale motivo nel 1990 il nuovo stadio di Torino non gli venne intitolato, fino a quando vennero alla luce documenti che provano che Vittorio Pozzo sostenne la Resistenza portando cibo ai partigiani sulle montagne e favorendo la fuga di prigionieri di guerra alleata.
Austero e un vero “sergente di ferro” con i suoi ragazzi (“non li perdevo di vista un solo istante“), Vittorio Pozzo era anche un valido giornalista tanto da scrivere regolarmente per il quotidiano torinese “La Stampa” fino alla morte, avvenuta nel 1968. L’unico Commissario tecnico, quindi, che il giorno dopo il match commentava la prestazione della Nazionale che dirigeva.