Bellingham, Alvarez, Haaland: perché la Serie A si perde i giovani talenti

Da Bellingham ad Haaland: perché molti dei talenti mondiali non arrivano in Italia? Analizziamo la situazione con alcuni esempi.

Gianluca Petrachi, ex direttore sportivo del Torino, è stato intervistato da Sportitalia per raccontare alcuni aneddoti sullo scouting italiano. Questo tema, nel nostro paese, è ormai da anni al centro dei principali dibattiti.

Bellingham
Il centrocampista del Borussia Dortmund Bellingham (ANSA)

In molti, infatti, affibbiano lae cause del drastico calo qualitativo che ha subito la Serie A nell’ultimo decennio alla mancanza di dirigenti competenti. Si spendono infatti troppi soldi su calciatori mediocri, che non danno alcuna crescita al nostro campionato, mentre la maggior parte dei migliori talenti finisce all’estero.

Ma perché succede questo? In Italia mancano veramente addetti ai lavori competenti o c’è dell’altro?

Il caso Bellingham, ma non solo

Julian Alvarez
Julian Alvarez, l’anno scorso nel mirino dell’Inter e ora stella del Manchester City (ANSA)

Nel corso dell’intervista, Petrachi ha rivelato un curiosità molto particolare. Quando era ancora ds del Torino aveva provato a prendere un semi sconosciuto Jude Bellingham, trovando però l’opposizione del suo primo club, il Birmingham. “Pasquale Bruno era venuto a Torino per propormi Jude Bellingham. Non siamo riusciti a portarlo al Toro perché suo padre ha scelto di essere riconoscente al Birmingham City rinnovando il contratto in scadenza”. Un colpo che sarebbe potuto essere clamoroso, ma c’è da dire che poi nessun’altra formazione italiana abbia successivamente mostrato interesse per il Golden Boy. E pensare che il Dortmund, che non ha avuto alcun timore a puntarci, spese ‘solo’ 25 milioni di euro per prelevarlo: ora ne vale almeno il triplo.

Per non parlare di Julian Alvarez, che prima di approdare al City era stato vicino più volte a club italiani, su tutti l’Inter, tra l’altro meno di un anno fa. I nerazzurri, però, non erano convinti di spendere circa 20 milioni per il talentino argentino, che alla fine andò in Inghilterra. Eppure, in estate, la dirigenza dell’Inter ha preferito riprendere Lukaku spendendo quasi 10 milioni di euro per un prestito. Un acquisto sensato a metà: il belga, con 29 anni sulla carta d’identità era reduce da una stagione negativa al Chelsea e non al top della condizione. Perché non provare a investire su un giovane talento in rampa di lancio che ora fa le fortune di Guardiola e della nazionale ‘Albiceleste’?

Un altro bomber del Manchester City, nel 2017, quindi ancora sconosciuto, fu vicino ad arrivare in Italia. Parliamo di Erling Haaland. Il norvegese e il padre, nel dicembre 2017, furono ospitati a Torino qualche giorno per visitare il centro sportivo di Vinovo e assistere al derby d’Italia contro l’Inter. La famiglia e il ragazzo rimasero molto impressionati, al punto che in pochissimo tempo arrivò l’ok per provare a intavolare una trattativa con il Molde.

I dirigenti del club norvegese, seppur la Juventus in quel momento fosse l’unico top club ad aver fiutato il talento di Haaland, spararono una richiesta incredibile per un 17enne: 10 milioni. Visto che Haaland gradiva la destinazione bianconera, i norvegesi si dimostrarono disponibili a valutare una proposta più articolata. Cioè 2.5 milioni subito e il 50 per cento sulla futura rivendita. I vertici juventini, però, erano poco convinti di spendere quella cifra per un minorenne. La trattativa con il Molde dunque si fermò perché la proprietà bianconera ritenne fuori dai parametri del club un investimento da 2.5 milioni per un ragazzo del vivaio. Successivamente poi Haaland andò al Salisburgo e poi al Borussia Dortmund: il resto è storia nota.

Poco coraggio

Il problema principale delle squadre italiane non sta nella poca competenza dei dirigenti, anzi, ma nello scarso coraggio. E’ vero che investire ingenti somme di denaro su giovani calciatori può essere sempre un rischio, ma la cultura italiana non aiuta. In un paese in cui i giovani sono spesso un peso e troppo poco considerati, diventa naturale che anche il calcio ne risenta.

In Germania, ma anche in Inghilterra o in Olanda e Belgio, i giovani sono veramente parte integrante del settore sociale e lavorativo. Su di loro vengono impiegati soldi, strutture e competenze. Ne consegue che, anche nel mondo del pallone, ci sia una mentalità diversa, che porta le società ad aver maggiore coraggio nell’investire sui giovani, a costo di sbagliare. Ma quando si hanno audacia e capacità, i risultati vengono sempre fuori. L’Italia deve compiere questo passo definitivo quanto prima per allinearsi al resto dei principali paesi europei. Coraggio e fiducia nel puntare sulla linea verde, questa è la soluzione, sia per la società che per il mondo del calcio.

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