Nel match dei quarti, Neymar è chiamato a prendere per mano il Brasile. In particolare, 4 motivi suggeriscono che contro la Croazia sia il suo momento.
Contro la Croazia, il Brasile giocherà il suo ottavo quarto di finale consecutivo in un Mondiale. Una striscia dopo la sconfitta negli ottavi di finale contro l’Argentina, ad Italia ’90. I vicecampioni del mondo sono dunque lo scoglio che separa i carioca dalla terza semifinale di fila, con le ultime due perse (contro la Germania nel 2014 e contro il Belgio nel 2018).
I verdeoro, dopo anni, sono tornati ad essere la favorita in un Mondiale. Quindi ci sarà anche questo fattore da considerare, nella sfida contro Luka Modric e compagni. Eppure, una certa euforia circonda l’ambiente del ct Tite e del suo gruppo, che in campo divertono e si divertono. Ora, però, arriva la fase calda, e concorrenti da non sottovalutare. Dunque scatta l’ora di lasciare tutte le energie e la qualità che si hanno per vincere. Osservato speciale Neymar, che può sfatare un tabù e prendere per mano definitivamente la squadra.
Otto anni fa, nel Mondiale giocato in casa, era forse troppo giovane (22 anni) per fare la differenza. E proprio nei quarti contro la Colombia si infortunò alla schiena, dovendo così restare in disparte nel giorno del Mineirazo, il 7-0 tedesco ai danni dei sudamericani. Quattro anni fa, invece, il Belgio si impose per 2-1 in una serata opaca per lui, arrivato in condizioni fisiche precarie all’appuntamento clou.
Insomma, nei quarti, due giocati finora in carriera, non è mai andato a segno, una vera “stranezza” per il secondo marcatore del Brasile nella storia. Eppure, tre ragioni (più una) su tutte lasciano pensare che oggi potrebbe essere la sua giornata (se non questo – addirittura – il suo Mondiale). Dalla paura di non poter giocare più, per una caviglia malconcia dopo l’esordio con la Serbia, la stella del Paris Saint-Germain ha difatti ritrovato il sorriso ed il gol contro la Corea del Sud.
Il peggio sembra passato, e la condizione fisica forse anche destinata a migliorare. Per questo, ora può – ed è anche chiamato a fare la differenza. Aspettative alte, che quest’anno pare avere però le armi per sopportare. Già il fatto stesso di essere uscito da un momento buio, infatti, lo fortifica. L’atteggiamento, poi, ha detto Thiago Silva, è stato da vero leader, lontano dalla descrizione di “bad boy” che se ne dava in passato.
“Contro la Corea del Sud ha dimostrato di essere il migliore al mondo. Negli ultimi giorni è stato d’esempio per i più giovani”, ha detto il difensore ex Milan. “L’hanno visto soffrire e fare di tutto per tornare, lì hanno capito l’importanza di un Mondiale“. Parole di un leader, Thiago Silva, ad un altro leader, Neymar, che ora il gruppo potrà seguire.
La pressione non mancherà, ma questa volta, a differenza delle due precedenti, non sarà certo da solo. Vinicius in primis, e poi Richarlison, hanno la statura per supportarlo come mai gli era accaduto nella sua storia nella Selecao. E, se tutte queste motivazioni non dovessero bastare, c’è anche la cabala. O’Ney, infatti, è ad un solo gol dall’eguagliare il record di 77 di Pelé col Brasile. Per farlo, non esiste modo migliore che sfatare il suo personale tabù realizzativo nei quarti.
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