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Juventus, patto segreto per gli stipendi: che succederà al titolo in Borsa

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Alessandro Mastroluca

Le manovre stipendi della Juventus potrebbero portare conseguenze più pesanti in quanto il club è quotato in Borsa. In futuro l’opzione delisting non è da escludere

Il fronte più caldo dell’inchiesta Prisma della Procura di Torino contro la Juventus sono le due manovre per la riduzione degli stipendi. Manovre che costano alla Juventus e ai 12 indagati (tra cui Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Maurizio Arrivabene e Fabio Paratici) accuse di notizie false e manipolazione del mercato, false comunicazioni sociali di società quotate in borsa, emissione di fatture false e ostacolo all’esercizio delle funzioni dell’autorità di vigilanza.

Juventus, patto segreto per gli stipendi: che succederà al titolo in Borsa (ANSA)

Due le operazioni di tagli sugli stipendi. La prima fa riferimento alla stagione 2019-20. Tutti i giocatori hanno firmato la rinuncia a una mensilità e il differimento di altre tre, i cui costi sono stati caricati sul bilancio successivo. Le scritture private, come emerge dalla carta firmata da Agnelli e dal capitano Giorgio Chiellini di cui parla la Gazzetta dello Sport, indicano chiaramente che tre stipendi saranno “redistribuiti sui contratti in essere a partire dal 2020-21”.

Le due manovre stipendi dei bianconeri

La cifra, questo l’impegno del club, sarebbe stata versata anche a giocatori o allenatori non più tesserati a fine stagione sotto forma di un “incentivo all’esodo” di pari entità. I giocatori, è questo un altro elemento centrale dell’inchiesta, avrebbero saputo che la Juventus avrebbe emesso un comunicato nel quale si indicava soltanto la rinuncia a 4 mesi di stipendi nella stagione 2019-20. Una comunicazione, dunque, diversa dalla situazione reale.

Più articolata, anche se concettualmente simile, la seconda manovra del 2020-21. Stavolta gli accordi sono individuali, non collettivi, e infatti Buffon, De Ligt e Morata tra gli altri non hanno aderito. Al centro c’è sempre la dilazione di un certo numero di mensilità, il cui ammontare sarebbe poi stato restituito come bonus fedeltà o incentivo all’esodo. E’ a questa seconda manovra che fanno riferimento i 19,9 milioni che Cristiano Ronaldo ritiene di dover ancora percepire dalla Juventus, e per i quali ha chiesto di poter accedere agli atti dell’inchiesta.

La Juventus e la tentazione del delisting

Manovre di questo tipo pesano di più per una società come la Juventus in quanto quotata in Borsa, e dunque soggetta a doveri più stringenti nella comunicazione dei dati di bilancio agli azionisti e alla Consob, l’autorità di controllo sulle società quotate. Comunicazioni che, per i bilanci 2020 e 2021, non sarebbero state veritiere altrimenti, secondo i pm che stanno portando avanti l’inchiesta, “la Juventus non avrebbe potuto operare negli esercizi in discorso, né essere quotata in Borsa”.

Al momento la Exor non sembra orientata al delisting, ovvero all’uscita del titolo del club dalla Borsa, decisione che invece tempo fa ha preso la proprietà della Roma. In Serie A restano così due i club quotati, la Juventus e la Lazio.

Sulla quotazione della Juventus in futuro le considerazioni della nuova proprietà potrebbero anche cambiare. Intanto perché per il club bianconero, che dipende comunque per una quota maggioritaria dei ricavi dai risultati sportivi, la quotazione soggetta a una tale volatilità non ha portato vantaggi così significativi.

E poi perché la Exor mantiene il 63,8% delle quote, e questo fa sì che i bianconeri siano in fondo ancora un’azienda di famiglia, seppur di dimensioni internazionali. Tanto è vero che, nei momenti di difficoltà, il socio di maggioranza ha agito autonomamente per la ricapitalizzazione.

Non è da escludere che il nuovo CdA si interroghi sulla possibilità di riprendere anche il restante 36% della società che oggi costerebbe circa 250 milioni, di fatto la stessa cifra che Exor ha versato un anno fa in occasione del più recente aumento di capitale.

Alessandro Mastroluca

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