Edin Dzeko e Simone Inzaghi, opposti che si attraggono. Il bosniaco ha ritrovato la titolarità in squadra, ma la situazione è altalenante.
Pazza Inter, amala. Lo cantano i tifosi e dovrebbero saperlo i giocatori. L’allenatore invece deve proprio averlo scolpito in mente che i nerazzurri sono qualcosa da valorizzare e custodire. Possibilmente senza far soffrire la piazza. Intento riuscito a metà quest’anno a causa di un inizio di stagione discontinuo. Le premesse sono ottime, ma poi ci si scontra con la realtà: gli esami di maturità a Inzaghi stanno antipatici.
Una vittoria arriva dopo troppe opportunità sprecate: serve continuità e consapevolezza. C’è la variante infortuni, ma gli incidenti di percorso possono capitare a tutti. Quello che non deve succedere è staccare la spina prima del tempo: la squadra di Inzaghi lo ha capito in ritardo, ma non abbastanza per rimediare. Tutto è ancora possibile. Chiedere a Edin Dzeko: non solo il Cigno di Sarajevo si è ripreso la titolarità, ma segna e dà garanzie. Ecco perché le sue parole pesano come un macigno. Una sentenza per il tecnico: testa bassa e lavorare, ma le critiche non sono esenti nel computo finale.
“Abbiamo buttato troppe partite all’inizio: serve trovare la rotta giusta. Ora ce l’abbiamo e vogliamo continuare così”. Tiratina d’orecchi velata all’ex Lazio che incassa e guarda avanti. Il bosniaco non porta rancore, ma non è neppure troppo diplomatico: tenersi tutto dentro non era previsto. I nerazzurri parlano e confidano ancora nelle emozioni. Dirsi tutto per ritrovare la direzione giusta. Il viatico c’è, bisogna vedere chi è disposto a percorrerlo. La risposta deve essere unanime.
Anche per questo Edin Dzeko ha suonato la carica, arrivando quasi allo scontro con Inzaghi: nessun caso Fonseca, come quando era alla Roma, ma serve una scossa. Se le parole dette al momento giusto possono aiutare, ben venga. La conformazione di un ciclo vincente passa anche dalle battute d’arresto e dagli scambi accesi di vedute: l’importante che gli occhi tornino ad essere della tigre. Pazzi sì, ma mai rassegnati, nella parte nerazzurra di Milano. Dove l’anatroccolo – diciamo così – torna ad essere Cigno a suon di gol.
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